Quando una persona viene condannata dovrebbe espiare la pena all’interno di una struttura penitenziaria. Tuttavia l’ordinamento penitenziario ( L.354/75) all’art. 47 prevede, al verificarsi di determinati presupposti, che il soggetto possa scontare la condanna, in regime di libertà assistita e controllata, al di fuori di una struttura carceraria chiedendo, per l’appunto, l’affidamento in prova al servizio sociale.
Questa misura, quindi, si pone come alternativa alla detenzione.
L’ordinamento penitenziario prevede, in particolare, due tipologie di affidamento: quello ordinario e quello speciale le cui caratteristiche, per comodità, si riportano di seguito:
a) AFFIDAMENTO ORDINARIO
L’affidamento in prova al servizio sociale ordinario è disciplinato dall’art. 47 della legge 354/ 1975 (ordinamento penitenziario).
Può essere richiesto dai condannati ad una pena, o residuo di pena, non superiore a:
- tre anni (art. 47, comma 1);
- a quattro anni (art. 47, comma 3 bis) quando il reo abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da far ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla sua rieducazione e assicuri la prevenzione del pericolo che commetta altri reati.
b) AFFIDAMENTO IN PROVA SPECIALE
Si riscontrano due tipologie di affidamento:
b1) L’ Affidamento in prova in casi particolari, previsto dall’art. 94 del Testo Unico n. 309/1990 è una specifica forma di misura alternativa rivolta ai condannati tossicodipendenti e alcooldipendenti.
Può essere richiesto dal condannato tossicodipendente o alcoldipendente che:
- abbia una pena detentiva inflitta, o un residuo pena, non superiore a sei anni;
- abbia in corso o intenda sottoporsi ad un programma di recupero;
- abbia concordato il programma terapeutico con la A.S.L. o con altri enti, pubblici o privati, espressamente indicati dall’art.115 d.p.r. 309/1990;
possieda una certificazione, rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o privata autorizzata, sullo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza e sull’idoneità, ai fini del recupero, del programma terapeutico.
b2) Affidamento in prova speciale per soggetti affetti da AIDS o da grave deficienza immunitaria
La legge 231/1999 ha inserito nell’ordinamento penitenziario l’art. 47-quater che consente ai soggetti affetti da aids o da grave deficienza immunitaria, che hanno in corso o intendono intraprendere un programma di cura e assistenza presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai malati di aids, la possibilità di accedere all’affidamento in prova previsto dall’articolo 47 o.p. anche oltre i limiti di pena ivi previsti.
CONCESSIONE DELLA MISURA ALTERNATIVA
In merito alla concessione della predetta prova è competenze il Tribunale di Sorveglianza, il quale ha termine di sessanta giorni, dalla presentazione dell’istanza, per decidere sulla concessione o meno della misura richiesta.L’affidamento in prova al servizio sociale è finalizzato al recupero sociale del reo, attraverso un periodo di “messa alla prova” in ambiente libero, nel rispetto delle prescrizioni poste dal giudice a corredo della misura.
Al termine della durata dell’affidamento in prova al servizio sociale il Tribunale di Sorveglianza potrà:
- estinguere la pena ed ogni effetto penale in caso di esito positivo e, potrà, qualora l’interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, dichiarare estinta anche la pena pecuniaria che non sia stata già riscossa;
- ripristinare la pena detentiva nel caso in cui la misura concessa non abbia dato esito positivo e non sia stato pertanto funzionale alla rieducazione del reo oppure nel caso in cui quest’ultimo non abbia rispettato le prescrizioni dettategli.
Si segnala sul tema la sentenza della Corte di Cassazione, nr. 16541/18 che ha così affermato “In relazione alla peculiare finalità dell’affidamento, …ai fini della concessione della misura, non possono, di per sé soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna e i precedenti penali, nè può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 771 del 6/2/1996, Tron, Rv. 203988 – 01; Sez. 1, 19/11/1995, Fiorentino, Rv. 203154 – 01)”. Questi, sempre secondo la Corte costituiscono “il punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva si è di recente precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985 – 01).
Avv, Gennaro Colangelo Dott.ssa Bruna Moretti