Il debitore blocca il recupero dei denari del creditore

Elisa Boreatti
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La legge n. 3 del 2012 ruota attorno ad una parola: “sovraindebitamento” che oramai sappiamo essere “una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni”.

Per porre rimedio a questa situazione, si è anche detto, che il legislatore ha introdotto, per la prima volta, nel nostro ordinamento tre istituti che hanno lo scopo di andare a “comporre la crisi da sovraindebitamento”:

  1. l’accordo di composizione della crisi o di ristrutturazione dei debiti;
  2. il piano del consumatore;
  3. la liquidazione del patrimonio.

CON LA LORO INTRODUZIONE COSA CAMBIA PER IL CREDITORE?

Il creditore, per esempio, deve modificare la struttura dell’atto di precetto introducendo obbligatoriamente l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla propria situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

Il creditore, inoltre, non può iniziare azioni esecutive individuali e se queste sono in corso devono essere sospese. Vediamo nello specifico.

L’ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI: SIN DA SUBITO SI SOSPENDONO GLI INTERESSI

Se la proposta formulata dal debitore soddisfa i requisiti previsti dagli artt. 7, 8 e 9, il giudice fissa immediatamente l’udienza, disponendo la comunicazione ai creditori.

Sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore, la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili” (art. 10, comma 2, lett. c).

Dunque, il divieto di azioni esecutive individuali e l’eventuale provvedimento di sospensione delle stesse non opera per effetto del deposito della sola proposta di accordo ma presuppone che la procedura venga aperta mediante il suddetto decreto.

Se poi la procedura termina per mancata omologazione o revoca del decreto, il creditore provvisto di titolo esecutivo, che aveva già azionato la procedura esecutiva prima dell’emissione del suddetto decreto, sarà legittimato a riassumere il processo ai sensi dell’art. 627 c.p.c.

Discorso diverso per le procedure esecutive azionate successivamente all’emissione del decreto di apertura: il deposito deposito della proposta comporta la nullità di tutti gli atti esecutivi eventualmente compiuti, i quali restano improduttivi di effetti anche qualora l’accordo non venisse omologato.

Aspetto positivo immediato si ha per quanto riguarda gli interessi. Il deposito della proposta di accordo determina, infatti, l’ effetto automatico della loro sospensione, ma ai soli fini del concorso, ad eccezione dei crediti prelatizi, per i quali gli interessi continuano a maturare, salvo quanto disposto dagli artt. 2749, 2788 e 2855 commi secondo e terzo, del codice civile.

Pertanto, la sospensione del decorso degli interessi opera solo dalla data di presentazione della proposta di accordo sino alla data dell’emissione del decreto di omologazione della procedura.

Quindi ora il creditore deve anche “preoccuparsi” di non ricevere una comunicazione che gli rende noto l’avvio della procedura di sovraindebitamento.

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