Il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza: siamo ancora lontani dalla sua “versione finale”?

Elisa Boreatti

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É una domanda che potrebbe far sorridere, tuttavia se ripercorro la “storia” del CCII appare più che legittima.

Nel  2019 è stato emanato il decreto legislativo nr. 14 (il CCII) le cui norme sarebbero dovute entrare in vigore già a far data da agosto del 2020.

Questo non si è verificato e oggi il “testo unico in materia di crisi è, per così dire, ancora in fase di revisioni” (ci si riferisce al decreto del 17.3.2022 del Governo) tenuto in conto che l’Italia deve far propri i principi comunitarie della direttiva Insolvency.

A differenza degli anni passati oggi siamo consapevoli che modifiche ed interventi devono concludersi necessariamente entro il 15.7.2022data in cui è prevista l’entrata in vigore del codice

COSA CAMBIA?

Con lo schema dl decreto del 17 marzo 2022, il Governo ha stabilito quelle che sono le modifiche al Codice per consentire l’attuazione della direttiva entro il termine previsto (ossia il 17 luglio 2022).

Per essere in linea con i principi comunitari, lo schema del decreto prevede:

  1. l’abrogazione dell’istituto dell’allerta e composizione assistita della crisi, che viene integralmente sostituito dalla composizione negoziata della crisi introdotta dal decreto legge 24 agosto 2021, n. 118;
  2. l’abrogazione di tutti gli indici e gli indicatori di crisi che costituivano il presupposto per l’attivazione delle procedure di allerta e composizione assistita. 

Il complesso di tali indicatori viene, tuttavia, sostituito dall’introduzione di alcuni segnali di allarme che gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili dell’impresa di cui all’articolo 2086 del codice civile devono essere in grado di intercettare per poter essere considerati adeguati.

Tra questi, in particolare, si segnalano:

  1. 1. debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. esposizioni verso banche e intermediari scadute da più di 60 giorni che rappresentino almeno il 5% delle esposizioni; 
  4. i ritardi nei pagamenti che determinano l’attivazione degli obblighi di segnalazione dei creditori pubblici qualificati.

Esistenti i segnali di allarme, ecco che vi è l’obbligo di attivazione dei rimedi per il superamento della crisi

Tali modifiche riguardano, in particolare:

  1. la semplificazione della fase di accesso alla procedura;
  2. il ruolo di controllo del Tribunale che viene limitato alla verifica della regolarità del procedimento e della non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi del piano;
  3. le modifiche alle regole del voto;
  4. le modifiche al concordato preventivo, dirette a rafforzare il ruolo dell’autonomia privata e a favorire la continuità aziendale;
  5. l’introduzione del nuovo istituto del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. 

Si tratta di un istituto simile al concordato nel quale è tuttavia previsto l’obbligo di formazione delle classi e la necessità del voto favorevole di tutte le classi ai fini dell’omologazione del piano.

Lo schema di decreto di recepimento della direttiva è attualmente all’esame delle competenti Commissioni di Camera e Senato per i pareri. 

Al fine di consentire la conclusione dell’iter normativo del decreto e di evitare problemi intertemporali nell’applicazione delle norme, il decreto PNRR (v. art. 42)  ha, pertanto, disposto il differimento dell’entrata in vigore del Codice al 15 luglio 2022. Contestualmente, lo stesso decreto PNRR ha abrogato la disposizione che rinviava al 31 dicembre 2023 l’entrata in vigore del Titolo II del Codice della crisi, allineandola a quella dell’intero Codice. 

Sull’argomento si è pronunciato anche il Consiglio di Stato il 13.5.2022.

In particolare questi ha ribadito che lo schema di decreto legislativo del 17-3-2022, strutturato in modo tale da sostituire l’intero Titolo II del CCII, ha non solo rafforzato le procedure di allerta della crisi ma ha anche arricchito il diritto interno di un ulteriore strumento stragiudiziale, ossia quello della composizione negoziata.

Nel far questo però il Consiglio di Stato ha osservato che la tecnica adottata di “semplice” trasfusione “integrale” dei due decreti all’interno del codice stesso non abbia permesso di avere un quadro di regole semplici, chiare ed omogenee sull’argomento, ma anzi ha determinato la moltiplicazione degli strumenti regolatori della crisi, con parziali possibili sovrapposizioni e incertezze nella individuazione dei presupposti per l’accesso all’uno o all’altro.

Non rimane quindi che attendere per verificare se i suggerimenti offerti dal Consiglio d Stato nel suo parere verranno presi in considerazione.

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