Si fa presto a dire “impugno la delibera condominiale” ma, dal lato pratico, vi sono degli aspetti che devono essere risolti

Elisa Boreatti

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Quando un condomìno non è d’accordo con la decisione che l’assemblea ha assunto, sappiamo che può impugnarla (sempre che, ben inteso, non abbia votato favorevolmente).

Nel prendere la decisione deve tener presente un elemento che non è secondario se si considera che da esso dipende sia la individuazione dell’organo competente (Tribunale o Giudice di Pace) e il valore del contributo unificato che deve essere versato all’atto dell’iscrizione della causa a ruolo.

Quale è dunque questo elemento? Ebbene questo è l’individuazione del valore dell’atto impugnato ove questo non può intendersi ristretta al solo importo contestato, ma si estende necessariamente alla validità dell’intera deliberazione e dunque all’intero ammontare della spesa.

Questo perché l’effetto caducatorio che deriverebbe dalla sentenza che accoglie l’impugnazione andrebbe ad operare nei confronti di tutti i condomini, anche se non hanno partecipato direttamente al giudizio promosso da uno o da alcuni di loro.

E questo, diciamo anche che è una deroga al principio processuale previsto e stabilito dall’art. 12 cpc che, invece, sancisce che “il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione”.

Il tema ha rilevanti aspetti pratici tanto è vero che la Corte di Cassazione si è trovata a decidere sull’argomento lo scorso 30 novembre con la sentenza n. 35265.

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