Il “condominio” può beneficiare dei rimedi riconosciuti al consumatore sovraindebitato?

Elisa Boreatti
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In questo periodo un tema prevale su tutti: quello della crisi che attanaglia le persone. Come ho più volte fatto presente però le persone che vivono in condominio sono doppiamente dannegiate da questa situazione perché oltre a far fronte ad un aumento delle voci di spesa personale e quotidiana (bollette di casa, costo della spesa…) devono anche far fronte all’aumento delle voci di spesa condominiale.

Essi quindi si trovano  nel bilancio familiare anche la voce “rata di gestione” il cui importo ovviamente non va esente dagli aumenti che ci sono in questo periodo (basti pensare a tutta la questione del riscaldamento).

La domanda a questo punto che mi faccio è: se le rate di gestione che forniscono la liquidità necessaria per pagare i fornitori non vengono saldate dai condomini, il condominio può fare qualcosa?

Ebbene sul punto possiamo dire che se astrattamente esso può accedere alla misura del concordato minore e a quello della liquidazione dei beni dubbi sorgono per quel che riguarda ia possibilità per lo stesso di presentare una istanza di ristrutturazione del debito del consumatore.

Da dove nascono i dubbi, mi potreste chiedere voi?

Ebbene i dubbi nascono dal fatto che in giurisprudenza non vi è unanimità di vedute in merito alla circostanza che il condominio possa essere qualificato come “consumatore”. Quindi si profilano posizione come quella del Tribunale di Milano che con la sentenza nr. 9205/2016 che ammettono la qualifica partendo dal fatto che l’amministratore altro non è che un mandatario dei singoli condomini, ossia di persone che agiscono per scopi estranei a quelli lavorativi. Ma vi sono anche posizioni come quella del Tribunale di Bergamo che con la sentenza del 2019 gli ha negato l’anzidetta qualità dal momento che non è persona fisica. In particolare il Giudice ha quindi dichiarato “inammissibile” il piano del consumatore proposto da un condominio di edifici in quanto soggetto privo dei requisiti di cui all’art. 6 perché non riconducibile ad una “persona fisica”.

C’è però da segnalare la recente sentenza della  Corte di Giustizia UE (2 aprile 2020) che ribadisce con forza che il condominio possa essere qualificato come consumatore in quanto solo in tal modo verrebbe raggiunta la finalità della direttiva europea (93/13/CEE).

Conseguenza è che anche il condominio, quale consumatore, possa accedere alle tutele previste per questi ultimi e quindi anche a quelle del Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza.

Alla luce di quanto osservato quindi possiamo solo prendere atto che allo stato la questione è “aperta” e rimanere in attesa che la stessa venga affrontata quantomeno (e per quel che vale nel nostro ordinamento) in sede giurisprudenziale. È innegabile, comunque, un dato: il fatto che vi sia discussione sul tema significa che non viene escluso a priori che  anche il condominio possa accedere alle misure previste per far fronte ad una posizione debitoria importante. Che fare nel frattempo? Beh diciamo che allo stato – seppur certo non ragiungono la stessa finalità – il condominio può sempre utilizzare il “vecchio metodo” di chiedere ai propri creditori dei piani di dilazione.

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