Diciamo che sappiamo che gli acquisti compiuti dai coniugi dopo il matrimonio ricadono nella comunione legale se questo è il regime patrimoniale che gli stessi hanno scelto.
Sappiamo anche che il codice civile prevede delle deroghe ossia delle situazioni al verificarsi delle quali i beni acquistati da uno dei due coniugi successivamente al matrimonio rimangono di sua esclusiva proprietà.
Attenzione però ad un fatto: perché vi sia l’effettiva esclusione del bene è necessario che nell’atto di compravendita del bene che rimane personale del coniuge vengano specificati questi due aspetti:
- che il coniuge non acquirente ha reso la dichiarazione di esclusione del bene dalla comunione;
- che il coniuge acquirente ha ottenuto il prezzo versato per acquisto dalla vendita di uno dei beni che il codice all’art, 179 cc definisce personali.

Si badi bene che in mancanza del secondo profilo, il coniuge non intestatario potrà chiedere al Giudice di accertare che il bene venga acquisito alla comunione e questo nonostante la dichiarazione che ha reso.
Questo perché in tale situazione quest’ultima non avrebbe valore confessorio di un fatto storico (pagamento del prezzo con il ricavato del trasferimento di beni personali). È quanto ha avuto modo di ribadire la Corte di Cassazione con la recente sentenza nr. 35086 del 39.11.2022 ove ha affermato che “non si può pertanto assegnare alla dichiarazione del M., adesiva a quella della B., formalizzata nell’atto pubblico di compravendita e riportata per esteso nel presente ricorso, valore di confessione di un fatto storico (pagamento del prezzo con il ricavato del trasferimento di beni personali). […] L’espressione adottata dalla B. e confermata dal M. non indica quale sia la provenienza personale dei beni il cui trasferimento ha procurato la provvista per il nuovo acquisto”.