Quando si pensa alla relazione che un soggetto ha o può avere con un bene è utile sapere che non tutte le relazioni sono uguali!
La persona ricopre la qualifica di detentore quando ha solo la disponibilità della cosa e riconosce che qualcun altro ha un diritto di proprietà sulla stessa (come avviene per esempio per il conduttore, nell’ambito dei contratti di locazione).
Può essere, invece, possessore quando, come scrive l’art. 1140 primo comma cc, esercita, in forza di un diritto di proprietà o di altro diritto, un potere materiale sul bene.
Cos’ è, quindi, che distingue la detenzione dal possesso. La risposta è l’animus del soggetto: detinendi nel primo caso, possessionis nel secondo.
Ma si può verificare l’ipotesi in cui il soggetto da detentore diventi possessore?
La risposta è sì sempre che si verifichi la cd interversio possessionis, ossia sempre che il soggetto decida di porsi rispetto al bene come se fosse il proprietario (e non più come detentore).
Questo mutamento, però, non è sempre ammesso. Il codice civile, all’art. 1141, stabilisce infatti che si può avere in due occasioni: quando la modifica dipende da una causa proveniente da un terzo o quando il detentore stesso faccia una opposizione al proprietario. Quello che rileva è che il mutamento non può avvenire mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi mediante comportamenti e fatti esterni obiettivamente verificabili che manifestino inequivocabilmente l’intenzione di esercitare il possesso per conto e in nome proprio.
Si osserva poi che il codice civile prevede una ipotesi particolare di interversio possessionis, ossia quella disciplinata dall’art. 1164 cc in tema di usucapione e che si verifica nei confronti di chi, avendo inizialmente esercitato il possesso corrispondente ad un diritto reale su cosa altrui, intenda usucapire la proprietà della cosa medesima.
Sul punto è utile ricorda che l’usucapione è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario (quando si acquista, invece, in forza di un contratto si dice che l’acquisto è a titolo derivativo).
Questo vuol dire che il soggetto che ha usucapito un bene immobile ne diventa proprietario non dal momento in cui viene pronunciata la sentenza che depone in tal senso, ma da quando egli ha iniziato ad usare il bene come se fosse il vero proprietario. Il possesso utile ai fini dell’usucapione deve essere pacifico, non clandestino e non interrotto e queste caratteristiche devono permanere per la durata di vent’anni. Per questo si dice che il provvedimento del giudice ha natura dichiarativa con effetto retroattivo.
Si sottolinea un aspetto. Il possesso utile ai fini dell’usucapione non deve essere la conseguenza di un comportamento tollerante del vero proprietario che, per esempio, può far utilizzare il bene per spirito di amicizia. Tale possesso rileva invece ai fini dell’usucapione quando pone in essere la cd “interversio possessionis” ed è da questo momento che decorre il termine utile ai fini dell’usucapione.
Sul tema si segnala una ordinanza della Corte di Cassazione, la nr. 20508/19, che ha affermato che il possesso di un appartamento per mera tolleranza non determina l’usucapione del bene stesso e che è onere di chi chiede accertarsi l’intervenuta usucapione dimostrare di aver esercitato sul bene un potere di fatto che si è estrinsecato in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà e che è apertamente contrastante e inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui (Cassazione civile sez. II, 02/10/2018, n. 23849).
Ma non solo. Qualora sia invocata l’interversio possessionis, chi la invoca deve dimostrare anche il mutamento del titolo in forza del quale egli ha posseduto.
Pertanto quando è dimostrato il potere di fatto, pubblico e indisturbato, esercitato sulla cosa per il tempo necessario ad usucapirla e quando è dimostrato il mutamento del titolo potrà essere chiesta l’usucapione e spetta alla parte che contesta l’avvenuta usucapione provare il suo assunto.
Nel caso sottoposto alla Corte di Cassazione la parte non aveva assolto all’onere probatorio sulla stessa incombente in punto di interversio possessionis in quanto questa non è dimostrata dalla mera gestione del bene vista la tolleranza concessa dalla sorella in virtù dei rapporti di familiarità tra le parti. Per questi motivi, il ricorso è stato rigettato e il ricorrente condannato alle spese processuali.
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