La crisi oggi non è più l’ultima parola

Elisa Boreatti
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È entrato in vigore il 15 luglio us il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.

Dal 15 luglio viene chiesto a tutti quindi di cambiare prospettiva: non è un caso che il termine “fallimento” letteralmente scompaia dal codice.

Soprattutto alla luce del contenuto della direttiva insolvency, il legislatore ha voluto mutare la rotta che sino ad ora l’imprenditore in crisi ha seguito: prima l’unica via era quella di dichiarare il fallimento.

Oggi non è così, non si vuole che si arrivi alla crisi: si vuole dotare l’imprenditore di strumenti che gli permettano di “rendersi conto” da subito che qualcosa nella sua azienda non sta andando bene in modo da poter intervenire con strumenti utili ed efficaci. Tra questi vi è la composizione negoziata, oppure, gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili di cui all’art. 2086 cc così come da ultimoriformato.

Quello che il legislatore vuole qui introdurre è il concetto di corretta e sana conduzione dell’impresa che oggi potremmo dire si poggia su due principi fondamentali: il primo è che la crisi può costituire un evento fisiologico nella vita dell’impresa e non coincide necessariamente con la fase terminale della stessa; il secondo è che la crisi dell’impresa sia tanto più gestibile e superabile quanto più tempestivamente si intervenga.

Dal punto di vista strutturale il Codice si compone di 391 articoli così suddivisi:

  Dall’ art. 1 all’ art. 374  Norme sul CCI
Dall’ art. 375 all’ art.384  Norme che contengono modifiche al CC
  Dall’ art. 385 all’art. 388  Norme che contengono le garanzie sugli immobili da costruire
  Dall’art. 389 all’art. 391  Disposizioni finali e transitorie

Non rimane quindi che iniziare a sperimentare questo epocale cambiamento che sia il nostro legislatore sia l’Europa ci ha chiesto.

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