[column width=”1/1″ last=”true” title=”” title_type=”single” animation=”none” implicit=”true”]
È ormai assodato il diritto all’oblio, cioè il diritto alla rimozione di informazioni non rilevanti dalle ricerche in Internet (deindicizzazione) negli stati membri, ma la stessa legge vale anche per le ricerche effettuate al di fuori dell’Unione Europea?
Capita a ciascuno di noi di aver bisogno di cercare informazioni su un dato argomento e di utilizzare Internet per reperirle. Ecco quindi che, inserendo all’interno del motore di ricerca l’argomento di interesse, in pochi istanti questi ci presenta un elenco di link che trattano il tema che stiamo cercando.
I risultati della ricerca sono possono estendersi a tutto il materiale presente online su un determinato argomento e, se questo può avere i suoi vantaggi con riferimento a determinati ambiti, per altri, invece, può essere svantaggioso se non addirittura dannoso. Si pensi, infatti, a cosa succede quando si cercano informazioni su una data persona e di questa il motore di ricerca reperisce ogni informazione, anche per esempio quelle riferite a fatti di cronaca accaduti nel passato, oramai privi di alcuna rilevanza attuale. Tuttavia, il solo fatto che queste informazioni siano ancora consultabili può arrecare un danno all’immagine della persona a cui i dati si riferiscono.
Ecco quindi che il GDPR all’art. 17 ha riconosciuto a questa persona il potere di esercitare il diritto all’oblio, ossia il diritto di rendere meno accessibili o nascondere online – dopo un certo periodo di tempo – notizie vere ma che possano danneggiare il suo onore o le sue attività personali e professionali.
Ma attenzione, esercitare il diritto all’oblio non vuol dire che il soggetto può chiedere al motore di ricerca di cancellare quel dato che lo riguarda, ma significa che il titolare del dato ha il (solo) potere di chiedere al motore di ricerca di impedire che un utente, suo tramite, conosca quel dato. Il motore di ricerca, ricevuta l’istanza, ha il dovere di esaminarla e di accettarla oppure rifiutarla. Qualora il motore di ricerca accolga l’istanza, procederà a rimuovere i risultati della ricerca ritenuti dalla persona non più attuali, non più rilevanti ovvero che non hanno un interesse generale.
Ma le pagine che possono venir rimosse riguardano solo le ricerche eseguite all’interno dell’Unione Europea o è compresa la deindicizzazione a livello globale, ossia tutte le ricerche svolte tramite tutte le estensioni del nome del dominio?
A questo quesito ha risposto, con sentenza del 24.9.2019, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha statuito che il riconoscimento del diritto all’oblio può avvenire esclusivamente nell’ambito del territorio europeo.
La Corte ha affermato che, allo stato attuale, non sussiste, per il gestore di un motore di ricerca che accoglie una richiesta di deindicizzazione presentata dall’interessato, eventualmente anche a seguito di un’ingiunzione di un’autorità di controllo o di un’autorità giudiziaria di uno Stato membro, un obbligo, derivante dal diritto dell’Unione, di effettuare tale deindicizzazione su tutte le versioni del suo motore. Il diritto dell’Unione obbliga tuttavia il gestore di un motore di ricerca a effettuare tale deindicizzazione nelle versioni del suo motore di ricerca corrispondenti a tutti gli Stati membri e ad adottare misure sufficientemente efficaci per garantire una tutela effettiva dei diritti fondamentali della persona interessata.
La Suprema Corte di Cassazione sul punto ha così statuito “se l’interesse pubblico sotteso al diritto all’informazione (art. 21 Cost.) costituisce un limite al diritto fondamentale alla riservatezza (artt. 21 e 2 Cost.), al soggetto cui i dati pertengono è correlativamente attribuito il diritto all’oblio (Cass., n. 3679/1998), e cioè a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati”. |
Avv. Gennaro Colangelo Dott.ssa Rosa Colucci