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Spesso nell’immaginario collettivo tendiamo a confondere o utilizzare come sinonimi i termini appalti e concessioni, bisogna però fare attenzione al fatto che in realtà queste risultano essere due tipologie contrattuali distinte tra loro.
È vero sì che entrambi i contratti citati sono contratti passivi, ossia negozi che comportano una spesa in capo al soggetto pubblico, a differenza dei contratti attivi (quali compravendita e locazione), che determinano un guadagno a fronte dell’attività contrattuale, ma questi presentano tra loro delle peculiari differenze che andiamo di seguito ad analizzare.
Essendo contratti, l’appalto e la concessione fanno sorgere una relazione giuridica intersoggettiva tra soggetti diversi; diversi in quanto titolari di interessi diversi.
Nella odierna definizione contenuta nell’art. 3 del D.Lgs 50/2016, gli appalti pubblici hanno ad oggetto lavori, servizi o forniture, mentre le concessioni pubbliche possono riguardare lavori o servizi.
La prima distinzione sostanziale tra i due tipi di contratti pubblici risiede nella loro definizione giuridica, in quanto ai sensi dell’art. 3, lett. ii), l’appalto pubblico è un contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto tra una stazione appaltante e un operatore economico, avente ad oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi. Gli elementi distintivi dell’appalto pubblico sono quindi la determinazione di un oggetto, che consiste in una prestazione idonea a realizzare un interesse pubblico che fa capo alla stazione appaltante, e la previsione dell’obbligo di un corrispettivo in capo alla stazione appaltante a favore dell’appaltatore.
La concessione pubblica, avente ad oggetto lavori o servizi, definita all’art. 3, lett. uu) e vv), si distingue dall’appalto per l’elemento del corrispettivo e per la gestione del rischio operativo. Se nell’appalto il corrispettivo coincide ad un compenso monetario determinato, nelle concessioni pubbliche l’onerosità corrisponde alla previsione del diritto del concessionario di gestire l’opera o il servizio oggetto del contratto, a cui si lega il rischio operativo di gestione. La peculiarità del contratto di concessione risiede infatti in questo profilo aleatorio rappresentato dal rischio operativo, inteso dall’art. 3, lett. zz), D.Lgs. 50/2016 come il rischio legato alla gestione dei lavori e dei servizi sul lato della domanda o dell’offerta che incombe sul concessionario. Tale definizione determina l’incertezza per il concessionario di recuperare le spese e gli investimenti attuati per la stipula del contratto nel rapporto con l’utenza. Da qui emerge un’altra chiara differenza tra appalto e concessione, perché con il primo si instaura un rapporto giuridico bilaterale tra stazione appaltante e aggiudicatario, mentre nella concessione si realizza un rapporto trilaterale tra concedente, concessionario e utenza.
Tele distinzione è stata avvalorata dalla sentenza n. 2624/2014 del Consiglio di Stato e da ultimo dalla sentenza n. 5624 del 28/11/2019 della sezione I del T.A.R. di Napoli che ha previsto che “ … Nell’appalto, la realizzazione dell’opera è finanziariamente a carico dell’Amministrazione appaltante che versa all’appaltatore un corrispettivo in cambio della costruzione della stessa; diversamente, nella concessione di opere pubbliche, il concessionario non viene retribuito dall’Amministrazione concedente mediante il versamento di un corrispettivo, ma attraverso il riconoscimento del diritto di gestione dell’opera per un certo periodo di tempo assumendo, di guisa, l’alea della scarsa redditività dell’opera e dell’incremento dei costi di realizzazione. Il predetto criterio di allocazione del rischio trova corrispondenza anche nelle previsioni del Codice dei Contratti relative alle concessioni e al partenariato pubblico-privato (artt. 165 e 180) che espressamente collocano sul concessionario il rischio di gestione e costruzione dell’opera. …”
Alla luce della disciplina fissata dal D.Lgs 50/2016 e della richiamata giurisprudenza, ad oggi si può considerare risolta e ben definita la distinzione tra le due tipologie contrattuali oggetto di analisi.
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Avv. Gennaro Colangelo Dr. Luigi Faggiano
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