Corte di Cassazione, ordinanza 3971 del 12 febbraio 2019
Fatto
La locatrice ha chiesto al Tribunale la convalida dello sfratto per morosità in quanto l’inquilina non aveva provveduto al pagamento dei canoni di locazione. In giudizio si era costituita la codnuttorice opponendosi alla convalida di sfratto deducendo in fatto che: sin dall’inizio del rapporto contrattuale aveva riscontrato una serie di problemi di carattere strutturale e manutentivo all’interno dell’appartamento locatole, non a norma di legge, considerata la carenza dei requisiti minimi di abitabilità e vivibilità, come da una relazione tecnica allegata.
Il Tribunale ha accolto la domanda della locatrice.
La conduttrice ha presentato appello avvero la sentenza di primo grado.
La Corte d’Appello ha, invece, confermato la sentenza di primo grado e quindi ha confermato la risoluzione del contratto per inadempimento rigettando la domanda di nullità del contratto di locazione e di restituzione dei canoni versata.
La conduttrice ha quindi presentato ricorso per cassazione che ha rigettato il ricorso.
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Posizione della Suprema Corte
La Suprema Corte ha stabilito che
“E’ jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte (peraltro puntualmente richiamata nella sentenza impugnata) il principio per cui, qualora un contratto di locazione sia dichiarato nullo, pur conseguendo in linea di principio a detta dichiarazione il diritto per ciascuna delle parti di ripetere la prestazione effettuata, tuttavia la parte che abbia usufruito del godimento dell’immobile non può pretendere la restituzione di quanto versato a titolo di corrispettivo per tale godimento, in quanto ciò importerebbe un inammissibile arricchimento senza causa in danno del locatore. (Sez. 3, Sentenza n. 4849 del 03/05/1991, Rv. 471957 – 01)
Di tale principio ha fatto buon governo nella specie la Corte territoriale che – dopo aver premesso (p.7) che l’appellante aveva chiesto di accertare la nullità del contratto di locazione; di dichiarare non dovuta la somma da lei versata alla locatrice, e quindi di condannare quest’ultima alla restituzione di quanto indebitamente ricevuto – ha rigettato l’appello , argomentando sul fatto che:
a) il petitum, che contraddistingue l’azione (di nullità) promossa in primo grado in via riconvenzionale dall’allora appellante, non poteva trovare accoglimento in ragione della già avvenuta esecuzione delle contrapposte e reciproche prestazioni delle parti (e al riguardo richiama il principio affermato nella sentenza n. 4849/1991);
b) anche ammesso che vi fosse stata l’asserita violazione da parte della locatrice degli obblighi previsti dall’art. 1575 c.c., la conduttrice avrebbe potuto chiedere la risoluzione del contratto ovvero avrebbe potuto chiedere la diminuzione del canone pattuito (ma giammai avrebbe potuto chiedere la restituzione dei canoni già versati, come invece aveva fatto, così modificando la causa petendi).
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Si allega il testo dell’ordinanza: