Con la Legge annuale per il mercato e la concorrenza (L. 124/2017, art. 1, commi 136 ss.) del 4.8.2017 il legislatore ha introdotto una nuova disciplina del contratto di locazione finanziaria, meglio conosciuto come “leasing”.
Prima della riforma.
In mancanza di una disciplina specifica, finora aveva supplito la giurisprudenza applicando le regole dettate dal codice civile in materia di compravendita e comodato e distinguendo due diversi tipi di leasing:
Leasing di godimento: che aveva ad oggetto un bene a rapida obsolescenza e rispetto al quale l’interesse dell’utilizzatore verso il bene si esauriva, di solito, con il consumarsi del periodo contrattualmente stabilito per il godimento dello stesso. In tal caso l’utilizzatore non aveva interesse ad acquistare il bene alla fine del rapporto di leasing e tale contratto era ritenuto assimilabile ad una locazione.
– Leasing traslativo: aveva ad oggetto beni che alla data di cessazione del contratto conservavano una rilevante utilità (e valore economico), sicché l’utilizzatore, di solito, ha tutto l’interesse ad esercitare l’opzione e acquistare il bene (il cui valore residuo è superiore al prezzo di esercizio dell’opzione di acquisto). In tal caso si è portati ad assimilare il contratto alla vendita.
Ma come si rifletteva questa differenza in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore?
Nel caso di leasing di godimento, la giurisprudenza aveva ritenuto applicabile l’art. 1458 cc e, pertanto, l’utilizzatore non aveva diritto alla restituzione dei canoni pagati durante la vigenza del contratto.
Nel leasing traslativo, invece, trovando applicazione non già l’art. 1458 cc, bensì l’art. 1526 cc, il concedente avrebbe dovuto restituire i canoni percepiti durante l’esecuzione del contratto, ma aveva diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa da parte dell’utilizzatore, oltre al risarcimento del danni.
Inoltre, al fine di valutare la gravità dell’inadempimento, il giudice procede con una valutazione discrezionale sulla base del 1455 c.c.
Cosa cambia con la riforma?
Per la prima volta viene fornita una definizione del contratto di leasing finanziario al comma 136: “Per locazione finanziaria si intende il contratto con il quale la banca o l’intermediario finanziario (…) si obbliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l’obbligo di restituirlo”.
Pertanto, il legislatore ha eliminato la differenza tra leasing di godimento e leasing traslativo, sancendo che l’unica funzione di tale contratto è quella di finanziamento.
Per cui le conseguenze in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore saranno solo quelle previste dal comma 138, senza possibilità per la giurisprudenza di operare differenze. Pertanto,
- il concedente avrà diritto alla restituzione del bene;
- sarà tenuto a corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene;
- da quanto ricavato dalla vendita o da altra utilizzazione del bene deve essere dedotta la somma corrispondente all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto nonché le spese anticipate per il recupero del bene, per la stima e per la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Quando il valore realizzato con la vendita o da altra collocazione del bene sia inferiore rispetto a quanto dovuto dall’utilizzatore al concedente, quest’ultimo mantiene il diritto di credito per la differenza.
Infine, il comma 137 ha introdotto una somma fissa sulla base della quale valutare il grave inadempimento, ossia, il mancato pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali, anche non consecutivi, per quanto riguarda il leasing immobiliare. Per le altre tipologie di leasing è considerato grave inadempimento dell’utilizzatore il mancato pagamento di quattro canoni mensili anche non consecutivi.
Anche in tal caso la giurisprudenza non potrà più operare una valutazione discrezionale.
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Avv. Elisa Boreatti Dott.ssa Rosa Colucci