DIRITTO CIVILE: Recesso dal contratto telefonico e tacito rinnovo

Elisa Boreatti
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Per comprendere cosa significa recedere da un contratto telefonico e necessario fare una piccola digressione sulla natura dei contratti telefonici.

I contratti telefonici sono dei contratti di somministrazione, similmente a quello del gas o dell’energia elettrica. Nel caso specifico si tratta di somministrazione avente ad oggetto servizi di telecomunicazioni.

Come di regola accade nei contratti di somministrazione, il contratto telefonico è un contratto di durata dove l’operatore telefonico si obbliga a fornire un servizio continuativo a fronte del pagamento del prezzo da parte del cliente.

L’art. 1560 stabilisce che:

“Se la durata della somministrazione non è stabilita, ciascuna parte può recedere dal contratto, dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, un termine congruo avuto riguardo alla natura della somministrazione”.

Il cliente quando comunica il proprio recesso non è tenuto a dover motivare in alcun modo la propria decisione. D’altra parte è tenuto a dare un termine di preavviso alla controparte (la compagnia telefonica) allo scopo di evitare il pregiudizio subito per l’interruzione del servizio.

Il termine di preavviso minimo che deve essere dato all’operatore telefonico è indicato nelle condizioni generali del contratto sottoscritto.

In ogni caso, il Decreto Bersani bis (Legge 40 del 2007, che converte con modifiche il Decreto Legge 7 del 2007) prevede al comma 3 dell’art. 1:

I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facoltà’ del contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni. Le clausole difformi sono nulle, fatta salva la facoltà’ degli operatori di adeguare alle disposizioni del presente comma i rapporti contrattuali già’ stipulati alla data di entrata in vigore del presente decreto entro i successivi sessanta giorni.

Alla luce di quanto previsto dal Decreto Bersani bis è dunque necessario che i clienti abbiano sempre la possibilità di recedere dal contratto, che i costi previsti per il recesso devono essere necessariamente giustificate, diversamente non possono essere richieste e che il preavviso che è tenuto a dare il cliente alla compagnia telefonica non può essere superiore a trenta giorni.

In caso di recesso anticipato è possibile che nel contratto sia inserita una clausola penale, che prevede, come specificato nella Delibera n. 70/10/CIR dell’AGCOM, che a carico dell’utente sono dovuti i costi effettivamente sostenuti dagli operatori, le compagnie quindi devono poter dimostrare le spese sopportate, i costi per la disattivazione del servizio devono essere per l’appunto giustificati.

Nei contratti viene chiaramente trascritto che l’abbonamento è determinato per un lasso di tempo, e se il recesso avviene prima di tale termine, si è tenuti a pagare una penale, oltre, ci si può trovare a dovere restituire anche gli importi di alcuni sconti promozionali usufruiti, ad esempio, lo sconto principale di attivazione contratto, è quello anche di non pagato alcune promozioni, ma se si recede anticipatamente, questa somma verrà richiesta per intero.

Non sempre però queste penali sono dovute, infatti quando si verifica una modifica contrattuale unilaterale da parte della compagnia, come per esempio:

  • cambio di tariffazione;
  • aumento della tariffa;
  • attivazione servizi non richiesti;

 

non è dovuta alcuna penale da pagare, né ricevere l’addebitato dell’importo non versato per sconti relativi all’attivazione.

Molto spesso inoltre all’interno delle clausole dei contratti di telefonia è riportata quella riguardante il tacito rinnovo; tale clausola è da considerare come vessatoria ai sensi dell’art 1341 del codice civile il quale al secondo comma dispone che “in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità , facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze , limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi , tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria“.

La vessatorietà della clausola in trattazione è stata confermata dalla sentenza n. 20402/2015 della Corte di Cassazione che ha previsto che le clausole di proroga tacita o di rinnovazione del contratto se predisposte dal contraente più forte sono da considerare prive di efficacia, ex. art. 1341 2 comma c.c. qualora non siano approvate per iscritto dal contraente aderente (Cass. n. 11734 del 2004).

Riproduzione riservata

 

Avv. Elisa Boreatti      Dott. Luigi Faggiano

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