DIRITTO CIVILE: Risolvere il contratto di locazione si può?

Elisa Boreatti
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  1. Premessa

In un precedente approfondimento si sono delineate le caratteristiche del contratto di locazione.

Oggi, sempre con riferimento a questo negozio giuridico tipico, vi voglio parlare della cd “clausola risolutiva” che spesso trovate leggendo il testo del contratto.

Partiamo dall’inizio e vediamo di capire cosa è e, successivamente, affrontiamo il profilo del perché viene inserita e infine vediamo quali sono gli effetti che la sua presenza riverbera qualora locatore e contraente si trovino a dover demandare al Giudice la pronuncia su eventuali profili controversi.

 

  1. Clausola risolutiva espressa

2.1          Come si colloca nel codice civile?

Detta clausola trova nell’impianto del codice civile una sua collocazione: il legislatore, infatti, la prevede all’art. 1456 cc e la colloca nell’ambito del Libro IV (delle obbligazioni), nel capo XIV (della risoluzione del contratto).

Già da queste prime righe possiamo dedurre due cose: la prima è che le parti contraenti hanno stipulato un contratto a prestazioni corrispettive valido e produttivo di effetti e, la seconda, che nel corso della esecuzione sono intervenuti accadimenti che sono andati ad incidere nel rapporto tra le parti stesse.

Questi fattori esterni possono essere:

> l’inadempimento di una delle parti a quelli che erano gli impegni dalla stessa assunti

> l’impossibilità di una delle parti ad eseguire la prestazione

> l’eccessiva onerosità della prestazione

Al verificarsi di queste situazioni può essere chiesta da una delle parti la risoluzione del contratto (ossia lo scioglimento dello stesso).

Focalizziamo ora la nostra attenzione alla prima ipotesi, ossia a quella prevista dall’art. 1453 cc che al primo coma così dispone “nei contratti a prestazioni corrispettive quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o  la risoluzione del contratto salvo in ogni caso il risarcimento del danno”.

Ecco quindi che andiamo ad aggiungere un altro tassello: a fronte di un contratto valido ed efficace una delle parti contraenti è inadempiente, ossia non “tiene fede” agli impegni assunti. Al verificarsi di questa situazione il contraente (non inadempiente) può chiedere l’adempimento, la risoluzione e, in ogni caso, il risarcimento del danno.

 

  • Ma a fronte di un inadempimento, il contratto si può sempre risolvere?

Anche a questa domanda il codice civile ha fornito una risposta. L’art. 1455 cc dispone, infatti, che l’inadempimento deve essere grave e imputabile all’altro contraente.

Soffermiamoci sul primo profilo.

L’inadempimento che porta allo scioglimento del contratto è quello che “non è di scarsa importanza avuto riguardo all’interesse dell’altra” parte. Questa valutazione è rimessa al Giudice sempre che le parti contraenti non abbiano individuato  “a priori” quale sia l’inadempimento che porta alla risoluzione del contratto. Ecco quindi che inseriscono nel testo la cd clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 cc. Così operando la valutazione della gravità viene sottratta al Giudice e rimessa direttamente alle parti.

 

riproduzione riservata

 

avv. Elisa Boreatti

 

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