DIRITTO CONDOMINIALE: Coworking: un nuovo modo di pensare all’ufficio

Elisa Boreatti
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Negli ultimi anni si è andata sviluppando l’idea di ufficio inteso come “insieme di postazioni” già attrezzate con servizi e attrezzature utili (ad esempio stampanti, scanner, telefono) che vengono utilizzate da diversi professionisti che lavorano l’uno in maniera indipendente dall’altro.

Ecco quindi che si è andato delineando il fenomeno del coworking e che offre uno spazio di lavoro a coloro che non dispongono di un ufficio come proprietari, nè tanto meno hanno la possibilità di prendere in affitto un immobile per arredarlo su misura o che semplicemente si trovano all’inizio della propria carriera.

 

Dal punto di vista giuridico il coworking non è un contratto disciplinato dal codice civile ma è ammessa la sua conclusione in virtù dell’art. 1322 cc rubricato “autonomia delle parti”. Si ricorda, infatti, che questa norma prevede che le parti possano regolamentare i propri interessi attribuendo valore giuridico ad una determinata operazione economica.

Secondo alcuni autori pur nella sua atipicità il contratto di coworking potrebbe essere ricondotto nell’ambito del contratto di locazione (alla luce del fatto, per esempio, che viene concesso in godimento un bene) e in quello di appalto di servizi (in quanto il gestore deve fornire al professionista tutti gli strumenti necessari perché questo possa svolgere l’attività lavorativa).

 

I soggetti che intervengono nella conclusione di questo contratto sono, da una parte, il coworker (o anche chiamato utilizzatore) e, dall’altra, il gestore (o concedente).

In particolare il primo è colui che utilizza non solo la postazione collocata all’interno di un luogo “in regola” con la normativa sulla sicurezza, ma anche le attrezzature che il secondo gli ha messo a disposizione (ad esempio il telefono, internet, l’utilizzo della sala riunione).

A fronte dell’utilizzo della postazione lavorativa e della tipologia dei servizi di cui il coworker si avvale, questi deve versare un corrispettivo al gestore e nel caso in cui non vi provveda, il contratto può essere risolto da parte del gestore per inadempimento agli obblighi assunti. Parimenti, si ricorda, il contratto può essere risolto se la postazione non viene utilizzata nei termini e nei modi indicati nel contratto e questo proprio perché il coworker non ha diritto ad un utilizzo indiscriminato del bene. Egli infatti può usare il bene (ossia la postazione) e i servizi solo nei termini indicati nel contratto. Per questo è preferibile che venga redatto per iscritto così che le parti indichino “nero su bianco” non solo i modi e i tempi di utilizzo della postazione (e quindi eventuali clausole di risoluzione dello stesso), ma anche quali servizi sono compresi nel canone.

 

Altro aspetto che caratterizza questa figura è quello della flessibilità: il coworker, infatti, può utilizzare lo spazio e le attrezzature anche per un breve periodo e questo profilo è quello che lo distingue dal contratto di locazione ad uso commerciale. Mentre nel primo, infatti, l’uso della postazione è funzionale alle esigenze del professionista (anche per pochi giorni), invece, nel secondo la durata minima prestabilita è di 6 anni. Ma non solo. Altro elemento che caratterizza il primo (e lo distingue dalla locazione) è che il coworker può utilizzare la postazione solo per il tempo e solo nei modi indicati nel contratto. Si ricorda, invece, che in vigenza del contratto di locazione, il conduttore non subisce alcuna limitazione all’uso del bene. Ed ancora. Altra differenza tra i due negozi giuridici si ravvisa nel fatto che nel primo può essere previsto un termine di scadenza anticipato a prescindere dalla prova del sopraggiungere di particolari e determinate esigenze, mentre nel secondo il diritto di recesso del conduttore può essere esercitato solo in determinai casi.

 

Ecco quindi che questa nuova figura di contratto permette non solo la condivisione degli spazi e delle attrezzature, ma anche delle spese e, quindi, ben si addice ai professionisti che, per esempio, all’inizio della loro carriera non vogliono vincolarsi utilizzando le tradizionali e tipiche forme contrattuali.

 

avv. Elisa Boreatti

 

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