Corte di Cassazione, II Sezione Civile, ordinanza nr. 468 del 10 gennaio 2019
Per i giudici delle leggi in materia di comunione condominiale, laddove sia provata l’utilizzazione da parte di uno dei comunisti in via esclusiva della cosa comune in modo da impedirne agli altri comproprietari il pari uso anche solo in via potenziale, il danno deve ritenersi “in re ipsa” esclusivamente qualora si sia fornita prova, nel giudizio, della totale impossibilità di utilizzo della cosa stessa da parte dei danneggiati.
Nel caso discusso, viceversa, ha osservato la Cassazione, era fuori di dubbio che vi fosse stata una occupazione parziale abusiva di una parte comune condominiale, così come che a tale occupazione avessero poi spontaneamente posto fine gli stessi danneggianti a seguito della sentenza di primo grado. Mancava però la prova delle conseguenze di tale violazione in capo ai danneggiati: e cioè che essi fossero stati anche solo per un breve periodo totalmente privati dell’utilizzo della cosa comune.
Il risarcimento in seguito ad occupazione abusiva, in sostanza, secondo la Suprema Corte è da ritenersi in re ipsa, e cioè non necessità di essere dimostrato, solo qualora sia fornita prova della totale avvenuta espromissione di alcuni e/o tutti i comproprietari dal possesso della parte comune.
Qualora tale prova non sia fornita la richiesta andrà viceversa respinta.
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Avv. Gennaro Colangelo
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Si allega il testo della ordinanza
Corte di Cassazione, II Sezione Civile, ordinanza nr. 468 del 10 gennaio 2019