La norma di riferimento per quanto riguarda i beni ad uso collettivo in condomino è l’art. 1117 cc rubricato “Parti comuni dell’edificio” che, in forza di presunzione iuris et de iure, stabilisce, seppur a titolo esemplificativo, che “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se non aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate…”.
Tra le parti comuni rientrano tutte le parti che sono necessarie ed essenziali alla funzionalità del fabbricato quali, ad esempio, seppur non espressamente indicati dall’art. 1117 cc, i pianerottoli (intesi come prolungamento delle scale di accesso), i passetti, i corridoi, pur se posti in concreto al servizio di singole proprietà rientrano nella categoria dei beni collettivi (vedasi sul punto Corte di Cassazione 15444/2007).
Per quanto riguarda, invece, l’utilizzo dei predetti beni la disposizione da osservare è l’art. 1102 cc rubricato “uso delle parti comuni” seppur con la di seguito indicata precisazione perché vero è che l’assemblea ha il potere di regolamentare la vita del condominio (imponendo anche delle restrizioni rispetto a quanto previsto dall’art. 1102 cc) ma è altrettanto vero che la stessa non può approvare un regolamento che contrasti con le norme del codice civile. Infatti non si può stabilire che ciascun condomino rinunci ai diritti sulle cose comuni, o venga stabilita l’indivisibilità delle parti comuni, o la nomina e revoca dell’amministratore, ad esempio. Pertanto in caso di contrasto tra disposizioni normative e regolamentari prevalgono le prime.
IL REGOLAMENTO CONDOMINIALE
Il regolamento, obbligatorio quando il condominio è formato da più di dieci condomini, viene definito come l’accordo di tutti i condomini che disciplina la gestione dell’edificio, l’utilizzo delle parti comuni e la partecipazione dei singoli proprietari alle spese che ad esse ineriscono. Si può quindi definire come la “carta fondamentale del condominio” e per questo le disposizioni che lo compongono vincolano tutti i componenti della collettività condominiale.
A tal riguardo si richiama la sentenza della Corte di Cassazione, la nr. 12342 del 1995, che a tal riguardo così si pronuncia “(ndr il regolamento) si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, come un atto volto a incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività su un rapporto plurisoggettivo e a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale quanto, soprattutto, per i singoli condomini” (corte di Cassazione 12342/95).
Questo vuol dire che dal regolamento discendono obblighi che devono essere rispettati da tutti i condomini, dai loro eredi nonché dagli aventi causa come emerge dalla lettura congiunta dell’art. 1138 cc terzo comma con l’art. 1107 cc (norma dettata in tema di comunione).
LE CONSEGUENZE IN CASO DI VIOLAZIONE DEL REGOLAMENTO
Nel caso di uso non conforme alle disposizioni del regolamento della parte comune, l’art. 70 disp. att. cc, (modificata dalla legge 220/12) fornisce al condominio uno strumento più efficace per reprimere i comportamenti scorretti, e quindi prevede l’irrogazione di sanzioni e prevede anche che il trasgressore è tenuto al risarcimento del danno che per quanto riguarda quello di natura patrimoniale è considerato esistente in re ipsa una volta accertata la violazione al regolamento e il relativo risarcimento decorre dalla data di commissione dell’illecito. Sul punto si richiamano le sentenze della Corte di Cassazione 14213/2012 e 11486/2010).
E se la violazione commessa dal conduttore dell’immobile? In tal caso il condominio potrà rivolgere le proprie pretese sia al conduttore, quale soggetto che ha posto in essere la condotta illecita, che alla proprietà dell’immobile. Quest’ultimo, infatti, proprio in quanto proprietario (e quindi condomino) è destinatario diretto delle disposizioni regolamentari. Egli pertanto non solo è tenuto a rispettare le disposizioni del regolamento, ma anche a farle rispettare dalla persona cui ha locato l’immobile.
–
Riproduzione riservata
avv. Elisa Boreatti