Corte costituzionale sentenza numero 120 del 13 giugno 2018
Con ordinanza del 4 maggio 2017 (reg. ord. n. 111 del 2017), il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), per contrasto con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione sia agli artt. 11 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
Premette il giudice a quo che, con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, F. S., brigadiere della Guardia di finanza, e l’Associazione solidarietà diritto e progresso (AS.SO.DI.PRO.) avevano impugnato la nota con cui il Comando generale della Guardia di finanza aveva rigettato l’istanza volta ad ottenere «l’autorizzazione a costituire un’associazione a carattere sindacale fra il personale dipendente del Ministero della difesa e/o del Ministero dell’economia e delle finanze o, in ogni caso, ad aderire ad altre associazioni sindacali già esistenti», in ragione del divieto sancito dal comma 2 dell’art. 1475 del d.lgs. n. 66 del 2010, a tenore del quale «i militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali». I ricorrenti avevano lamentato la contrarietà di tale disposizione con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 11 e 14 della CEDU
La Corte Costituzionale è giunta alla conclusione che “va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010, in quanto prevede che «I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali» invece di prevedere che «I militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge; non possono aderire ad altre associazioni sindacali».
Il divieto di costituire tali associazioni, contenuto nella disposizione censurata, è incompatibile con:
- la Carta sociale europea;
- con l’ 11 della CEDU, che, nel significato attribuitole dalla Corte EDU, cui l’art. 32 della Convenzione riserva il potere interpretativo, porta ad escludere che la facoltà riconosciuta agli Stati contraenti, di introdurre restrizioni all’esercizio dei diritti sindacali dei militari, possa spingersi fino a negare in radice il diritto di costituire associazioni a carattere sindacale.
Pertanto, alla stregua di entrambi i parametri, vincolanti ai sensi dell’art. 117, comma 1, Cost., deve essere riconosciuto ai militari il diritto di costituire associazioni professionali a carattere sindacale, la cui portata e il cui ambito vanno, tuttavia, precisati alla luce dell’intero contenuto delle norme internazionali evocate, che fanno entrambe seguire all’affermazione di principio della libertà sindacale il riconoscimento della possibilità che siano adottate dalla legge restrizioni nei confronti di determinate categorie di pubblici dipendenti.
Le specificità dell’ordinamento militare giustificano la esclusione di forme associative ritenute non rispondenti alle conseguenti esigenze di compattezza ed unità degli organismi che tale ordinamento compongono, con conseguente non fondatezza della questione nella parte che investe il divieto di «aderire ad altre associazioni sindacali», divieto dal quale consegue la necessità che le associazioni in questione siano composte solo da militari e che esse non possano aderire ad associazioni diverse.
Inoltre, fondamentale è il principio di democraticità dell’ordinamento delle Forze armate, evocato in via generale dall’art. 52 Cost., che non può non coinvolgere anche le associazioni fra militari.
Sotto altro profilo tale principio viene in evidenza nella prospettiva del personale interessato, quale titolare della libertà di associazione sindacale sancita dal primo comma dell’art. 39 Cost., il cui esercizio è infatti possibile solo in un contesto democratico.
Altresì rilevante è il principio di neutralità previsto dagli artt. 97 e 98 Cost. per tutto l’apparato pubblico, e valore vitale per i Corpi deputati alla “difesa della Patria”, che anch’esso ha come necessario presupposto il rigoroso rispetto della democrazia interna all’associazione.
La verifica dell’esistenza di questi requisiti comporta in particolare l’esame dell’apparato organizzativo, delle sue modalità di costituzione e di funzionamento, spiccando tra tali modalità per la loro rilevanza il sistema di finanziamento e la sua assoluta trasparenza. Quanto ai limiti dell’azione sindacale, va anzitutto ricordato il divieto di esercizio del diritto di sciopero, affermato con immediata attuazione dall’art. 40 Cost., ma giustificato dalla necessità di garantire l’esercizio di altre libertà non meno fondamentali e la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti.
Con riguardo agli ulteriori limiti, invece, è indispensabile una specifica disciplina legislativa.
Tuttavia, per non rinviare il riconoscimento del diritto di associazione, nonché l’adeguamento agli obblighi convenzionali, in attesa dell’intervento del legislatore, dichiara la Corte Costituzione che il vuoto normativo può essere colmato con la disciplina dettata per i diversi organismi della rappresentanza militare e in particolare con quelle disposizioni (art. 1478, comma 7, d.lg. n. 66 del 2010) che escludono dalla loro competenza e quindi dalla competenza dei sindacati «le materie concernenti l’ordinamento, l’addestramento, le operazioni, il settore logistico-operativo, il rapporto gerarchico-funzionale e l’impiego del personale».
Tali disposizioni infatti costituiscono, allo stato, adeguata garanzia dei valori e degli interessi prima richiamati (sent. n. 31 del 1969).
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avv. Gennaro Colangelo
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Si allega