DIRITTO DI FAMIGLIA: Il termine di decadenza dell’azione di disconoscimento della paternità decorre dalla scoperta dell’adulterio

Elisa Boreatti
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Corte di Cassazione, prima sezione civile, ordinanza numero 6517 – depositata 6 marzo 2019

La fattispecie:  Nel 2017 la Corte di Appello di Bologna confermava una sentenza emessa nel 2013 dal giudice di primo grado, su una domanda di disconoscimento di paternità, avanzata da un uomo nei confronti della moglie e dei due figli gemelli, nati nel 2006.

La Corte riteneva la domanda dell’uomo intempestiva  in quanto  proposta solo nel 2009, oltre il termine decadenziale di un anno decorrente dalla nascita dei minori, non essendo stata provata in maniera adeguata l’epoca dell’effettiva conoscenza dell’adulterio al tempo del concepimento, che avrebbe consentito l’applicabilità del diverso termine di decadenza previsto dall’art. 244, comma 2, c.c.

Il giudice di secondo grado riteneva che mancasse la prova certa e rigorosa che la conoscenza dell’adulterio fosse collocabile al 2009 come sostenuto dall’uomo, in quanto le prove testimoniali rese dalle di lui madre e sorella erano state considerate indirette dal primo giudice –  in quanto le stesse avevano riferito di conversazioni avvenute tra altre persone, ascoltate occasionalmente -, oltre che imprecise e poco credibili.

La Corte territoriale, pur dando atto del fatto che, dall’esame genetico svolto, era risultato che i minori, effettivamente, non erano figli biologici dell’uomo, aveva escluso che l’accertamento tecnico potesse avere delle ricadute in merito all’individuazione del termine decadenziale applicabile.

Pertanto, al fine di non arrecare pregiudizio ai minori sul piano economico, dava prevalenza al favor minoris rispetto al favor veritatis.

Avverso la pronuncia della Corte di Appello l’uomo proponeva ricorso per Cassazione, sulla base di tre motivi. La donna resisteva in giudizio con controricorso mentre i minori, rappresentati da un curatore speciale, restavano intimati.

 

Motivi di impugnazione. L’attore, con il primo motivo si doleva del fatto che le prove testimoniale non erano state apprezzate in maniera adeguata e che la Corte bolognese non avesse preso in considerazione la data della consulenza tecnica di parte con la quale egli aveva acquisito la conoscenza scientifica dell’adulterio e della non paternità. Con il secondo motivo si doleva che la Corte d’Appello avesse ritenuto inammissibile, per novità, la produzione in appello della consulenza di parte dalla quale era desumibile l’epoca in cui il ricorrente aveva acquisito certezza circa l’adulterio ai tempi del concepimento e, quindi, la tempestività dell’azione di disconoscimento. Con il terzo motivo, l’uomo denunciava la violazione del principio di favor veritatis rispetto al favor minoris avendo la Corte territoriale fondato la sua pronuncia, nonostante la certezza della non paternità del ricorrente, su valutazioni di carattere esclusivamente economico.

 

Osservazioni della Corte di Cassazione. La Prima Sezione della Suprema Corte ha considerato fondato soltanto il primo motivo di ricorso.

Gli ermellini, richiamandosi a precedenti pronunce, hanno affermato che, in tema di disconoscimento di paternità:

  • grava sull’attore la prova della conoscenza dell’adulterio
  • e che la scoperta dell’adulterio stesso, commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’art. 244 c.c.  – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, non essendo sufficiente la mera infatuazione, la mera relazione sentimentale o la frequentazione della moglie con un altro uomo. Pertanto, il dato della conoscenza certa dell’adulterio non può ritenersi di per sé idoneo a far maturare l’effetto decadenziale fissato dall’art. 244 c.c. ove non sia qualificato dalla connessione alla conoscenza dell’idoneità dell’adulterio stesso a determinare la nascita del figlio.
  • Inoltre, la Suprema Corte ha affermato che, in tema di disconoscimento di paternità, il quadro normativo e giurisprudenziale attuale non comporta la prevalenza del favor veritatissul favor minoris, ma impone un bilanciamento fra:

àil diritto all’identità personale legato all’affermazione della verità biologica – anche in considerazione delle avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica e dell’elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini –

à e l’interesse alla certezza degli status ed alla stabilità dei rapporti familiari. Tale bilanciamento, secondo gli ermellini, non può costituire il risultato di una valutazione astratta, occorrendo, invece, un accertamento in concreto dell’interesse superiore del minore nelle vicende che lo riguardano.

La sentenza della Corte d’Appello è stata quindi cassata con rinvio ad altra sezione della medesima Corte d’Appello affinché questa possa riesaminare la questione sulla base del consolidato principio espresso dalla Cassazione.

 

Conclusioni: Il termine di decadenza di cui all’articolo 244 c.c. decorre dalla scoperta dell’adulterio inteso come conoscenza certa di un fatto idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere.

Si allega :

 Corte di Cassazione, prima sezione civile, ordinanza numero 6517 – depositata 6 marzo 2019

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