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L’emergenza sanitaria in corso all’interno del nostro pìPaese, ha costretto il legislatore ad interventi massicci per la tutela dei cittadini e delle attività produttive. Tra tutti i provvedimenti presi, senza dubbio, uno dei più importanti è quello previsto dal D.L. n. 23 del 8 aprile 2020, più noto come decreto liquidità, con il quale sono stati stanziati un totale di 400 miliardi di euro per il sostegno delle imprese.
Tra le norme del richiamato decreto, l’art. 5 prevede il differimento dell’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza al 1° settembre 2021.
Il predetto codice, disciplinato dal D.Lgs. n. 14 del 2019, come previsto dall’art. 389 sarebbe dovuto entrare in vigore decorsi 18 mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, dunque il 15 agosto 2020.
Tale slittamento se da un lato è comprensibile, atteso che il codice introduce una interpretazione innovativa del fallimento, che non viene visto più come una situazione patologica dell’impresa, ma come una semplice fase della vita della stessa, e dunque data la situazione di crisi risulta essere preferibile continuare ad adottare la collaudata disciplina del fallimento, dall’altro lato appare del tutto limitativo dei diritti di quei soggetti non fallibili, che non vedono entrare in vigore una serie di norme volte alla loro tutela, soprattutto nel corso di una crisi economica come quella che ci attenderà terminato l’allarme sanitario.
Con l’adozione del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza infatti viene ampliata la tutela nei confronti dei soggetti non fallibili, precedentemente inserita nella legge 3/2012 (legge anti-suicidi) che si trovano in una situazione di sovraindebitamento, ossia in una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.
Il codice va a prevedere infatti una serie di tutele per questa tipologia di soggetti, come la ristrutturazione dei debiti del consumatore, la possibilità di effettuare la procedura di ristrutturazione per l’intera famiglia indebitata, lo strumento del concordato minore per tutti quei soggetti non fallibili (professionisti, imprenditori minori, imprenditori agricoli, start-up innovative), l’istituto della liquidazione controllata ed infine lo strumento dell’esdebitazione (con particolare riferimento alla figura del debitore incapiente).
Come anticipato, in una situazione di crisi economica come quella che ci troveremo ad affrontare una volta che sarà rientrata l’allerta sanitaria, dove molte persone si troveranno in una situazione tale da non riuscire presumibilmente più ad onorare i debiti contratti in precedenza, non si comprende la decisione di voler differire l’entrata in vigore delle richiamate norme, senz’altro utili e necessarie per la ripartenza dei singoli; per di più appare un ossimoro prevedere, in un decreto che si vanta di concedere liquidità alle imprese ed ai professionisti, il ritardo dell’entrata in vigore di tali tutele.
Alla luce di quanto evidenziato si spera che il sede di conversione in legge D.L. n. 23 del 8 aprile 2020 venga emendato il richiamato articolo 5, quantomeno con la previsione del entrata in vigore delle norme a riguardo del sovraindebitamento così come previsto precedentemente, ossia dal 15 agosto 2020.
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Avv. Gennaro Colangelo Dr. Luigi Faggiano
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