DIRITTO IMMOBILIARE: “Concludere il definitivo entro e non oltre il … “

Elisa Boreatti
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Cosa vuol dire? Se non viene rispettato?

Il contratto preliminare, disciplinato all’art. 1351 cc è il contratto in forza del quale le parti si obbligano a stipulare, seppur in un momento successivo, il successivo contratto di vendita (il cd rogito), del quale però nel preliminare si determinano gli elementi essenziali.

È dunque un negozio redatto in forma scritta con il quale il proprietario dell’immobile (promissario venditore) si impegna a vendere all’altra parte (promittente acquirente), che si impegna a comprare al prezzo pattuito.
Dal preliminare nasce solo l’obbligo di contrarre; gli effetti tipici della compravendita si produrranno, infatti, in un momento successivo e precisamente alla data dalle parti solitamente indicata per il rogito.
Quindi il contratto preliminare è un contratto obbligatorio che vincola le parti a concludere un successivo contratto.

Nel preliminare può accadere che i due contraenti decidano di inserire un termine entro il quale stipulare il definitivo.

Nel caso in cui questo non avvenga una delle parti contraenti può adire il Giudice che fissa un termine, rimanendo comunque il contratto è valido ed efficace.

Sempre nell’ipotesi in cui non vi sia un termine di adempimento fissato dalle parti, ma nessuna si attivi nei confronti dell’altra, né in via giudiziale né in via stragiudiziale, la giurisprudenza ha applicato gli ordinari termini di prescrizione ritenendo peraltro che essi decorrano dal giorno della stipulazione del contratto preliminare, contrariamente alla regola della inesigibilità immediata delle prestazioni da esso scaturenti.

Cosa accade nel caso in cui le parti contraenti, invece, inseriscano la data entro la quale deve essere sottoscritto il rogito e poi non venga rispettata da una delle due.

Ebbene vi sono non solo delle conseguenze, ma queste sono diverse a seconda che il termine sia considerato perentorio od ordinatorio.

Infatti non è così scontato considerarlo perentorio per il solo fatto che vi è l’espressione “entro e non oltre” nel contratto preliminare.

Le motivazioni le ha indicate la Corte di Cassazione stabilendo che il Giudice qualifica il termine essenziale solo quando valuta che questo emerga dalle espressioni utilizzate nel preliminare dalle parti, dalla natura e dall’oggetto del contratto. Se dall’insieme di questi elementi risulta inequivocabilmente che, scaduta la data per il definitivo, viene meno anche l’utilità economica del contratto, allora il termine potrà considerarsi essenziale.

Considerato essenziale, il mancato rispetto del termine comporta la risoluzione del contratto e la restituzione della caparra confirmatoria (o del doppio).

Diversamente nel caso in cui il termine sia reputato “semplice”, il contratto continua ad essere efficace.

Da qui sorge allora la domanda: il contratto rimane efficace “per sempre”?

La risposta è negativa perché la parte adempiente deve inviare una una diffida ad adempiere ex art. 1454 cod. civ. ove si prevede che decorso il termine di 15 giorni indicato nella lettera si ha la risoluzione di diritto del contratto.

La norma, infatti, così dispone, “alla parte inadempiente l’altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s’intenderà senz’altro risoluto. Il termine non può essere inferiore a 15 giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore. Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto“.

Una volta che è intervenuta la risoluzione del contratto la parte non inadempiente potrà trattenere la caparra confirmatoria ricevuta che si presenta nell’ambito del preliminare come un patto contrattuale accessorio a natura reale.

Accessorio dal momento che accede ad un negozio principale con la conseguenza che in caso di declaratoria di nullità di quest’ultimo, colui che ha versato la caparra (cd solvens) ha diritto alla restituzione in quanto è venuto meno il titolo che aveva giustificato la dazione della somma di denaro.

Reale in quanto le parti concordemente convengono che l’una consegni all’altra, per l’appunto una somma di denaro o una quantità di cose fungibili (ossia di beni che possono essere scambiati con altri dello stesso genere) che alla firma del preliminare, il promittente venditore riceve dal promissario acquirente a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni giuridiche che quest’ultimo si è assunto.

Quindi se fosse inadempiente il promittente acquirente, questi dovrebbe restituire il doppio della caparra; se lo fosse il promissario venditore, dovrebbe versare il doppio della caparra ricevuta. L’art. 1385 cc è composto da un terzo comma cc che prevede, comunque, la possibilità per la parte non inadempiente di ottenere l’adempimento del contratto ovvero la risoluzione dello stesso (e in ogni caso l’integrale risarcimento del danno) secondo le regole generali.

Qualora, invece, le obbligazioni tutte venissero adempiute, verrebbe meno la funzione di garanzia della caparra e, quindi, questa dovrà essere o restituita o imputata alla prestazione stessa.

Riproduzione riservata

avv. Elisa Boreatti

 

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