Innanzitutto, per inquadrare il punto centrale di questa trattazione, è necessario capire cosa debba intendersi per contratto fiduciario. Quest’ultimo risulta essere un negozio traslativo atipico, ossia un negozio giuridico in cui la causa del trasferimento della proprietà è diversa da quelle tipicamente previste dalla legge. La causa infatti è da individuare in un patto di fiducia che unisce due negozi giuridici: uno che trasferisce un diritto o attribuisce una situazione giuridica ad un soggetto e l’altro che fa nascere in capo a questo soggetto l’obbligazione di restituire il diritto a chi glielo ha trasferito o ad un terzo.
Dunque il contratto fiduciario può essere definito come il contratto in cui la proprietà di un bene o di un diritto è trasferita da un soggetto ad un altro in forza di un pactum fiduciae.
Il contratto fiduciario non possiede una specifica fattispecie nel codice civile o in una legge speciale, pertanto le Sezioni Unite si rivolgono a tale operazione definendola “casistica”, in quanto sotto l’unico nome di pactum fiduciae rientrano operazioni diverse per struttura, per funzione e per pratici effetti.
Tale pluralità dipende da molteplici fattori. Innanzitutto, dal fatto che l’investitura del fiduciario nella titolarità del diritto può realizzarsi secondo due moduli procedimentali:
1. La proprietà del bene viene trasferita dal fiduciante al fiduciario, quest’ultimo se ne serve per un tempo determinato e lo ritrasferisce al fiduciante;
2. Il fiduciante trasferisce del denaro nel patrimonio del fiduciario e gli affida il compito di acquistare un bene per suo conto con l’obbligo di servirsene per un certo tempo e poi ritrasferirlo al fiduciante.
In secondo luogo perché l’effetto traslativo non è essenziale per la configurabilità di un accordo fiduciario, potendo dunque distinguere tra:
1. Fiducia dinamica: caratterizzata dalla strumentalità dell’effetto traslativo;
2. Fiducia statica: caratterizzata dal trasferimento al fiduciario dei soli diritti relativi al bene, mentre il bene rimane nel patrimonio del fiduciante.
In terzo luogo, perché il negozio fiduciario a seconda dell’interesse sotteso all’operazione, risponde ad una molteplicità di funzioni e di intenti. È possibile infatti distinguere tra:
1. Patto fiduciario cum amico;
2. Patto fiduciario cum creditore.
Questa ultima differenziazione si basa sulla tipologia di fiducia che costituisce la base del negozio. Nel primo caso la fiducia pende verso l’interesse del fiduciante, il quale, trasferisce una situazione giuridica al fiduciario, che si impegna a mantenerla e gestirla per un dato tempo, trascorso il quale dovrà restituirgliela o alienarla ad altro soggetto da questo indicatogli. Nel secondo caso invece, si favorisce l’interesse del fiduciario il quale, creditore nei confronti del fiduciante, riceve un suo bene per il tempo necessario a garantirgli il pagamento del debito. Una volta adempiuta l’obbligazione, il fiduciario restituisce il bene al fiduciante; in questo caso dunque il trasferimento ha uno scopo di garanzia, e per tale motivo dottrina e giurisprudenza tendono a ritenerlo nullo, in quanto in contrasto con il divieto di patto commissorio ex art. 2744 del codice civile.
Dal contratto fiduciario si generano due tipologie di effetti:
1. Effetti di natura reale: consistenti nel trasferimento di proprietà da parte del fiduciante al fiduciario;
2. Effetti di natura obbligatoria: consistenti in amministrazione e conservazione di quanto ricevuto dal fiduciante da un lato, e restituzione del bene al termine del contratto dall’altro.
La giurisprudenza si è più volte espressa circa la natura giuridica del negozio fiduciario.
Secondo una prima interpretazione il contratto fiduciario può essere fatto rientrare nella categoria dei negozi indiretti, ovvero quei negozi posti in essere dalle parti per conseguire scopi corrispondenti ad un negozio diverso da quello utilizzato. In questo senso la Cassazione ha previsto che: “Nel caso del patto fiduciario lo scopo del fiduciante è quello di ottenere dal fiduciario un servizio di gestione del bene o acquisto dello stesso per poi riottenerne la proprietà ma viene effettivamente posto in essere un negozio di trasferimento di diritti dal patrimonio del fiduciante a quello del fiduciario” (Cass., Sez. I, 17 settembre 2019, n. 23093).
Una seconda interpretazione della Cassazione ha previsto un visione pluralista del fenomeno rinvenendo in esso il concorso di due negozi, distinti ma connessi da un’unica finalità economica diretto a modificare il risultato finale del negozio dispositivo, per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o al terzo (Cass., Sez. I, 8 settembre 2015, n. 17785).
Altra posizione della giurisprudenza è quella secondo cui è possibile riconoscere l’unitarietà del negozio fiduciario avente una propria ed unica causa, ovvero quella di realizzare il programma fiduciario, mentre per la realizzazione di tale programma si possono porre in essere negozi giuridici diversi in base ai casi ed obiettivi che si voglia perseguire con l’accordo fiduciario (Cass., Sez. III, 15 maggio 2014, n. 10633).
Alla luce di quanto espresso appare evidente come il patto fiduciario possa agevolmente avere ad oggetto un immobile, dunque il trasferimento dello stesso dal fiduciante al fiduciario con l’accordo che il fiduciario dovrà servirsi di questo per poi ri-trasferirlo al fiduciante oppure ancora l’acquisto di un immobile da parte del fiduciario per conto del fiduciante, prevedendo poi che quest’ultimo faccia conseguire la proprietà al fiduciante.
Proprio in ambito immobiliare la giurisprudenza si è più volte interrogata sulla forma che il contratto fiduciario debba possedere.
Secondo una prima interpretazione, la rilevanza del patto fiduciario deve ritenersi vincolata alla forma scritta dello stesso, dal momento che formalmente equivale ad un contratto preliminare, ed attesa la richiesta per quest’ultimo di avere la stessa forma del definitivo (ex art. 1351 c.c.), anche il contratto fiduciario avente ad oggetto immobiliare quindi dovrà assumere la forma scritta (Cass., Sez. I, 17 settembre 2019, n. 23093).
In base a tale orientamento, il patto fiduciario deve avere forma scritta e struttura bilaterale per poter essere considerata una valida fonte dell’obbligazione di ri-trasferimento del bene dal fiduciario al fiduciante e sarà quest’ultimo a dover dimostrare l’esistenza dell’accordo scritto fiduciario.
Un secondo orientamento prevede invece che l’accordo fiduciario non necessiti della forma scritta ai fini della propria validità. Questo indirizzo si basa sul fatto che nella prassi è sempre più frequente che l’accordo fiduciario non sia scritto e che il fiduciario si impegni a modificare unilateralmente, in un secondo momento, la situazione formatasi, basandosi sugli accordi presi con il fiduciante, e che dunque la fiducia risulti essere l’unica causa dell’operazione.
Sulla base di tale ultimo orientamento le Sezioni Unite, con sentenza n. 6459 del 6 marzo 2020 hanno previsto che “Per il patto fiduciario con oggetto immobiliare che s’innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ri-trasferimento gravante sul fiduciario”.
–
Riproduzione riservata
Avv. Gennaro Colangelo Dr. Luigi Faggiano