Comprare casa è un momento molto importante nella vita di ciascuna persona tanto è vero che l’ordinamento richiede che l’atto di compravendita avvenga con le forme dell’atto pubblico, quindi, con un atto dinnanzi un pubblico ufficiale quale è il notaio.
Il bene oggetto di compravendita può provenire, al soggetto che lo vende, da una precedente compravendita, può essere oggetto di pignoramento, può provenire da successione ereditaria ovvero da donazione, ovvero ancora può essere oggetto di comunione ereditaria. Ebbene sì, sono diverse le situazioni che possono coinvolgere l’oggetto della compravendita.
Cerchiamo di affrontare ora quelle che sono le situazioni che abbiamo innanzi descritto.
Bene di provenienza ereditaria
Abbiamo visto in un altro approfondimento che il nostro ordinamento riconosce il principio in forza del quale nessuno può essere erede contro la propria volontà e il principio in forza del quale una persona non succede automaticamente nel patrimonio del defunto.
Abbiamo altresì visto che, se da una parte, la trascrizione dell’accettazione dell’eredità nei registri immobiliari della conservatoria permette alla persona che ha compiuto l’operazione, di rendere il suo acquisto opponibile a chiunque, che questo passaggio potrebbe mancare nel caso di accettazione tacita di eredità. Questo proprio perché l’accettazione avviene a mezzo di un comportamento e non di un atto formale trascrivibile.
Abbiamo visto ancora che quando un soggetto vende un immobile deve esserne il proprietario ed egli, a propria volta, deve averlo acquistato da un precedente soggetto che ne era a propria volta proprietario. Ed ancora, abbiamo visto che tale situazione emerge dalla cd verifica della continuità delle trascrizioni che il notaio compie di solito in sede di compravendita.
Ecco, quindi, che al verificarsi della accettazione tacita di eredità è necessario ristabilire la cd continuità delle trascrizioni e questo è possibile nel momento in cui il venditore dapprima rende al notaio la dichiarazione di accettazione dell’eredità che viene poi trascritta nel registro immobiliare.
Bene oggetto di azione esecutiva immobiliare
La domanda in primis che ci si deve porre è: si può vendere una abitazione rispetto alla quale è in corso un pignoramento immobiliare?
La risposta è affermativa, anche se non vi è dubbio che sia una operazione che presenta molti aspetti di criticità.
Sono diversi, infatti, gli aspetti che la distinguono da una “ordinaria operazione di compravendita”.
Quali sono? Basti pensare che sebbene la compravendita abbia ad oggetto un bene di proprietà del venditore è necessario interagire anche con un altro soggetto. In particolare si fa qui riferimento al soggetto che, quale creditore di quest’ultimo, ha notificato un pignoramento immobiliare avente ad oggetto proprio l’immobile di cui sopra (oltre che eventualmente agli altri creditori intervenuti nella procedura esecutiva).
Quindi le persone che dovrebbero essere sedute al tavolo di questa “operazione” dovrebbero essere il venditore (che vuole vendere il suo bene ad un acquirente), l’acquirente e il creditore che, a fronte del debito nei confronti del venditore, ha notificato e trascritto un pignoramento immobiliare che dovrebbe portare alla vendita all’asta dello stesso. Procedura di pignoramento nella quale, è bene segnalare, possono intervenire anche altri creditori del venditore/debitore.
Ma non solo.
Si consideri anche che a fronte della posizione debitoria del venditore, quest’ultimo per poter proseguire “liberamente” nell’ambito della sua trattativa con l’acquirente, dovrebbe liberare l’immobile dal vincolo del pignoramento e quindi dovrebbe cancellare la trascrizione del predetto atto presso i registri della conservatoria immobiliare. Tuttavia per fare questo dovrebbe provvedere al pagamento di quanto dovuto ai creditori: pagamento che, però, potrebbe fare solo se ricevesse i denari dall’acquirente.
Ma vi sono anche altri motivi che qualificano questa operazione come estremamente delicata.
Si pensi al fatto che solo il Giudice dell’esecuzione, dinnanzi il quale è in corso la procedura esecutiva, può pronunciare il provvedimento di estinzione della stessa e ordinare la cancellazione della trascrizione del pignoramento.
Ma vi è di più. Detto provvedimento è soggetto a reclamo per un periodo di 20 giorni a far tempo dalla data di emissione dello stesso da parte di coloro che sono interessati. Cosa vuol dire? Vuol dire che dalla data di emissione si dovrebbero attendere ulteriori 20 giorni perché la procedura esecutiva sia definitivamente estinta. Ed ancora. Eventuali operazioni dovrebbero avvenire prima della assegnazione del bene all’asta.
Ma a fronte di queste criticità quali sono i vantaggi che le persone sedute al tavolo di questa operazione potrebbero avere?
Se analizziamo il punto di vista del debitore/venditore così operando questi riuscirebbe a vendere l’immobile ad un prezzo maggiore di quello che si potrebbe ricavare eventualmente in sede di asta. Spostando l’attenzione ai creditori, questi potrebbero ricevere quanto dovuto (od eventualmente una minor somma a saldo e stralcio di cui il nostro studio legale è pronto ad assisterti) in un lasso di tempo inferiore rispetto a quello che caratterizza la procedura esecutiva e vedrebbero limitati altresì gli esborsi che almeno in prima battuta dovrebbero andare a sostenere per proseguire nella azione esecutiva. L’acquirente, infine, con la pronuncia del provvedimento di estinzione e l’ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento vedrebbe tutelato il suo acquisto, senza considerare il fatto che il prezzo di acquisto, alla luce della situazione, potrebbe essere inferiore al valore di mercato del bene.
Bene in comunione ereditaria
Si verifica questa situazione quando il bene immobile passa, dalla proprietà di un unico soggetto ad una pluralità di soggetti. Questo può avvenire in forza di successione o per atto traslativo inter vivos ed ha l’effetto di creare una comunione pro indiviso sul bene medesimo.
Creare una comunione pro indiviso significa che ogni comproprietario si trova ad avere la piena e libera disponibilità della propria quota indivisa sull’intera massa comune, ma non su una quota esattamente individuata. Rispetto alla quota indivisa il comproprietario può disporne (nei limiti dell’ordinaria amministrazione) purchè non ne impedisca il pari uso agli altri comproprietari.
Ora nell’ipotesi in cui il bene derivi da successione è importante che il chiamato accetti l’eredità perché solo in tal modo acquista diritti sul bene. Divenuto erede egli insieme agli altri eredi può decidere concordemente di vedere le proprie quote ad uno degli eredi oppure di vendere l’immobile ad un terzo. Se non si dovesse trovare un accordo, invece, il singolo coerede/comproprietario potrebbe adire il Tribunale (previo esperimento del tentativo obbligatorio del procedimento di mediazione) e domandare il giudizio di divisione.
Bene ricevuto in donazione
Anche la compravendita avente ad oggetto un bene proveniente da donazione potrebbe presentare delle criticità. In particolare queste si ravvisano nella presenza dei cd legittimari, ossia quei soggetti a cui il codice civile riconosce, in ipotesi di successione nel patrimonio del congiunto, diritti patrimoniali che però tengono in conto di quanto il defunto abbia disposto in vita per donazione. Ora, se aperta la successione, il valore patrimoniale di quanto lasciato sia insufficiente a coprire i diritti dei legittimari, legittima questi ad ottenere la ricostituzione della quota a lui necessariamente spettante mediante una apposita azione giudiziaria, l’azione di riduzione.
L’azione di riduzione va proposta contro il donatario dopo la morte del donante ed entro 10 anni dalla morte. Se il donatario ha ceduto a terzi l’immobile che aveva ricevuto in donazione, il legittimario (solo se ed in quanto il donatario non abbia altri beni sui quali soddisfare le proprie ragioni) può chiedere ai successivi proprietari la restituzione del bene (azione di restituzione). Infatti l’articolo 563 del codice civile tale azione purchè non siano passati venti anni dalla donazione. L’azione di restituzione, infatti si prescrive trascorsi 20 anni dalla donazione, indipendentemente dalla circostanza che il donante sia ancora in vita o meno.
Conclusioni
Ecco quindi che a fronte di un unico atto sono diversi gli aspetti e le criticità che possono riguardare il bene oggetto di compravendita.
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Avv. Elisa Boreatti