Corte di Cassazione, Sezione IV penale, sentenza numero 18329, pubblicata il 3 maggio 2019
Fatto
Un controllo dei carabinieri e il successivo controllo di alcuni tecnici permettono di portare alla luce un allaccio abusivo ai «cavi elettrici della rete di distribuzione» dell’energia elettrica.
Quel collegamento rifornisce un appartamento e un laboratorio utilizzati da un uomo – Pino, nome di fantasia – a cui non risulta intestato alcun contratto di fornitura di energia elettrica.
Posizione della Suprema Corte
La Corte ha respinto la linea difensiva secondo cui l’impiego di energia elettrica senza pagare il dovuto era reso comprensibile dalle precarie condizioni economiche del soggetto.
In sostanza, il legale sottolinea che Pino «ha dimostrato il proprio stato di indigenza, essendo egli disoccupato ed avendo dichiarato nell’anno un reddito complessivo di 4 mila e 227 euro, derivante esclusivamente da un contratto di solidarietà a tempo determinato», e quindi «egli è stato mosso da un grave e urgente bisogno di fronteggiare le più elementari necessità di vita».
A sostegno di questa visione, poi, l’avvocato aggiunge che «la somma richiestagli dall’XXX per il riallaccio della fornitura interrotta era di 15mila euro» e «non era possibile» per il suo cliente «neanche una rateizzazione».
Queste osservazioni non convincono però i giudici della Cassazione, che confermano invece la condanna di Pino.
Per i magistrati «lo stato di indigenza» non può essere una giustificazione per la condotta illecita accertata.
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Si allega il testo della sentenza
Corte di Cassazione, Sezione IV penale, sentenza numero 18329, pubblicata il 3 maggio 2019