Corte di Cassazione, sezione I penale, 10/12/2018, n.13363
Ai fini della sussistenza del reato di molestia o disturbo alle persone (articolo 660 c.p.), gli intenti scherzosi o persecutori dell’agente sono del tutto irrilevanti, una volta che si sia accertato che, comunque, a prescindere dalle motivazioni che sono alla base del comportamento, tale comportamento è connotato dalla caratteristica della petulanza, ossia da quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà delle persone.
E’ stata pertanto confermata la condanna dell’imputato che per mezzo del telefono e per biasimevole motivo, aveva recato molestia alla vittima, effettuando numerosissime telefonate, di giorno e di notte, molte delle quali pervenivano sul cellulare della stessa e risultavano “mute” e anonime.
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Si allega il testo della sentenza: