DIRITTO PREVIDENZIALE: QUANDO GLI ASCENDENTI POSSONO CHIEDRE LA RENDITA AL DATORE DI LAVORO?

Elisa Boreatti
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In caso di infortunio sul lavoro, gli ascendenti superstiti hanno diritto alla rendita solo se il contributo economico apportato dal lavoratore deceduto costituiva un normale mezzo di sussistenza.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 25975/20; depositata il 16 novembre.

In fatto.

Con sentenza del 21 giugno 2013, la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dagli ascendenti di un lavoratore deceduto in seguito ad un infortunio sul lavoro, volta al riconoscimento della rendita.

Tale diritto veniva negato per difetto del requisito della vivenza a carico per essere il lavoratore deceduto e il genitore operai presso la medesima società, il che ipotizzava reciproca assistenza nei bisogni familiari e non integrava il concetto di vivenza a carico.

Avverso tale sentenza gli ascendenti hanno proposto ricorso, al quale ha opposto difese l’INAIL, con controricorso.

In diritto.

Ai fini della sussistenza del diritto alla rendita non è sufficiente dimostrare la sola circostanza della convivenza degli ascendenti superstiti con l’assicurato o che da questi essi ottenevano un parziale mantenimento; ciò in quanto il requisito della sufficienza dei mezzi di sussistenza deve intendersi nel senso di un rapporto diretto di dipendenza economica dei congiunti con il lavoratore infortunato.

In particolare, la Corte ricorda come da costante orientamento, il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti, alla stregua del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, presuppone, ai sensi del successivo art. 106, la vivenza a carico, la quale è provata allorché ricorrano contestualmente due condizioni: a) che gli ascendenti medesimi si trovino senza sufficienti mezzi di sussistenza autonomi; b) che al loro mantenimento concorreva, in modo efficiente, il lavoratore defunto, dovendo intendersi tale requisito nel senso che non è necessario che i superstiti siano totalmente mantenuti in tutti i loro bisogni dal lavoratore defunto ma è indispensabile che quest’ultimo abbia contribuito in modo efficiente al loro mantenimento mediante aiuti economici che, per costanza e regolarità, costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza (Cass. n. 5910 del 1998 e ribadito in numerose successive conformi, fra cui v. Cass. n. 2630 del 2008; Cass. n. 18520 del 2006; Cass. n. 14490 del 2014).

Per la Corte, dunque, il requisito della sufficienza dei mezzi di sussistenza è dunque da intendersi nel senso di un rapporto diretto di dipendenza economica dei congiunti con il lavoratore infortunato con la conseguenza che, ai fini della sussistenza del diritto alla rendita, non è sufficiente la dimostrazione della sola circostanza della loro convivenza con l’assicurato o che da questi ottenevano un parziale mantenimento (Cass. n. 24517 del 2014 e i precedenti ivi richiamati).

Per questi motivi, la Corte rigettava il ricorso.

In sintesi:

– il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore degli ascendenti superstiti presuppone la vivenza a carico, la quale è provata allorché ricorrano contestualmente due condizioni:

a) che gli ascendenti medesimi si trovino senza sufficienti mezzi di sussistenza autonomi;

b) che al loro mantenimento concorreva, in modo efficiente, il lavoratore defunto, nel senso che il contributo economico apportato da quest’ultimo costituiva un mezzo normale di sussistenza.

– tra gli ascedenti e l’infortunato deve ssussitere un rapporto diretto di dipendenza economica;

– la semplice convivenza, così come un mantenimento parziale non sono quindi elementi sufficienti a far sorgere il diritto alla rendita.

 

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