DIRITTO VITIVINICOLO: Immissione in commercio di prodotti con segni industriali mendaci: la confisca non è obbligatoria se le etichette possono essere sostituite

Elisa Boreatti

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Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza nr. 5788 pubblicata il 07 febbraio 2018

 

Il fatto

Con sentenza del 13 marzo 2017, pronunciata a norma dell’art. 444 c.p.p., il Tribunale di Asti applicava a S.E., nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. XXX, la pena di Euro 5000 di multa per il reato di cui agli artt. 517 (vendita di prodotti industriali con segni mendaci) e 517-bis (circostanza aggravante se il fatto ha ad oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica o la cui specificità sono protette dalle norme vigenti) c.p.

Era altresì disposto il dissequestro del materiale in sequestro, con la restituzione all’avente diritto.

Avverso la predetta decisione il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, ha proposto ricorso per cassazione allegando un unico motivo di impugnazione  con cui contestava quella parte della pronuncia che, assumendo non si trattasse di ipotesi di confisca obbligatoria, aveva ordinato la restituzione del materiale in sequestro. Secondo la prospettazione della procura, infatti, il prodotto vinoso doveva intendersi intrinsecamente criminoso, difettando le indicazioni circa il trattamento cui era stato sottoposto e non conoscendone l’effettiva origine ovvero provenienza. Nè si poteva tenere conto di un’eventuale diversa utilizzazione del prodotto, occorrendo avere riguardo alle condizioni ed alle caratteristiche del prodotto al momento degli accertamenti siccome esperiti; nè era accettabile una destinazione al commercio con una denominazione diversa da quella in etichetta.

Il Procuratore generale presso la Cassazione, condividendo il motivo di impugnazione proposto dalla Procura di Asti, ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza limitatamente all’omessa confisca delle bottiglie di vino, che andava invece disposta.

La decisione

Il ricorrente a sostegno della confisca obbligatoria ha assunto la natura “intrinsecamente criminosa” del bene, ossia del prodotto vinoso, in quanto non sussisteva indicazione alcuna circa i trattamenti cui era stato sottoposto e non vi era indicazione sull’origine ovvero sulla sua provenienza effettiva. In forza di ciò, è stata così invocata, anche dal Procuratore generale, la natura obbligatoria della confisca.

La Corte di Cassazione ha invece rigettato il ricorso presentato rilevando che il reato previsto dall’artt. 515 e 517 bis c.p. ha per oggetto la tutela del leale esercizio del commercio e pertanto protegge sia l’interesse del consumatore a non ricevere una cosa differente da quella richiesta, sia quello del produttore a non vedere i propri articoli scambiati surrettiziamente con prodotti diversi (Sez. 3, n. 2617 del 06/11/2013, dep. 2014, Di Bianco, Rv. 258585) e che le ipotesi di confisca obbligatoria sono previste nelle distinte fattispecie di cui agli artt. 517 – ter e 517 – quater c.p., in specie non ricorrenti. Ma non solo, la sentenza impugnata ha dato atto che le bottiglie non contenevano sostanze alimentari nocive per la salute del consumatore, e che pertanto l’illecito contestato riguardava unicamente la corrispondenza tra le bottiglie di vino messe in commercio e la denominazione di origine indicata sulla confezione (illecito che poteva essere rimosso ad es. mediante la sostituzione dell’etichetta ovvero con altro adeguato rimedio).

 

Si allega il testo della sentenza

Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza nr. 5788 pubblicata il 07 febbraio 2018

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