Cos’è il vino?
Al fine di comprendere che cosa si intende per sofisticazione del vino occorre partire dal concetto stesso di vino.
Il vino è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione (totale o parziale) del frutto della vite – l’uva – o del mosto.
Il vino si ottiene dalla Vitis vinifera, la vite comune, ma anche da incroci di quest’ultima con altre specie del genere vitis.
Apriamo una piccola parentesi sui vitigni: il genere vitis appartiene alla famiglia delle Vitaceae, che è distinto in due sottogeneri: Muscadinia (comprendente le specie Vitis rotundifolia, Vitis munsoniana e Vitis popenoei) ed Euvitis, al quale appartengono le viti americane (Vitis riparia, Vitis rupestris, Vitis berlandieri e Vitis champini) che si utilizzano come portainnesti, le viti asiatiche orientali ed eurasiatiche, comprendenti la Vitis vinifera.
La Vitis vinifera è la specie in assoluto più importante per le caratteristiche qualitative dei suoi frutti, presenta inoltre due sottospecie quali Vitis vinifera silvestris (spontanea in Europa da millenni) e Vitis vinifera sativa, specie di vite più coltivata al mondo.
Sofisticazione del vino come frode alimentare
La sofisticazione o adulterazione del vino rientra nel novero delle frodi alimentari, ovverosia tutte quelle condotte illecite finalizzate ad un guadagno illecito abbattendo i costi di produzione e peggiorando la qualità del prodotto alimentare venduto, quasi sempre, senza alcun riguardo per la salute del consumatore.
Le frodi alimentari possono essere di carattere commerciale e/o di carattere sanitario:
– le frodi commerciali producono danni economici in quanto vengono venduti alimenti di valore commerciale inferiore a quello reale;
– le frodi sanitarie, invece, possono avere conseguenze sulla salute in quanto possono contenere prodotti di degradazione, sostanze chimiche esogene o contaminanti microbici potenzialmente dannosi.
Tracciare un confine netto tra i due tipi di frodi, commerciali e sanitarie, è assai difficile in quanto nella maggior parte dei casi i due fenomeni sono coesistenti.
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La sofisticazione del vino comprende tutte quelle operazioni che ne alterano la struttura originale, attraverso la sostituzione di elementi propri con altri estranei, cioè sottraendo o aumentando le quantità di uno o più dei suoi componenti, lasciando comunque l’apparenza originaria.
La sofisticazione del vino si realizza principalmente con l’aggiunta di metanolo, noto anche come alcol metilico o spirito di legno.
Questo perché l’alcol metilico aumenta il grado alcolico del vino. Ciò però comporta dei danni non solo commerciali, ma anche igienico-nutrizionali, e in alcuni casi, di grave pericolo per la salute pubblica.
Attenzione a non fare confusione tra sofisticazione e contraffazione: la contraffazione, anche se può essere ricondotta all’adulterazione e alla sofisticazione, è comunque considerata un tipo particolare di frode e consiste nel mettere in vendita prodotti industriali con nomi o marchi atti a indurre in inganno il consumatore.
Chiariamo il concetto con un esempio: la contraffazione consiste nel commercializzare comune vino spumante per champagne; la sofisticazione consiste nell’utilizzo di uve da tavola non adatte alla vinificazione per la produzione di vini spacciati poi come IGT, DOC o addirittura DOCG.
Come viene sanzionata la sofisticazione?
Dal punto di vista penalistico
Le condotte descritte sono punite penalmente dall’art. 440 c.p. (Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari), il quale prevede una pena da tre a dieci anni per chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica.
Tale disposizione tutela la salute pubblica, considerata quale insieme di condizioni di igiene e sicurezza della vita e dell’integrità fisica o salute della collettività, messa in pericolo dalla diffusione di sostanze alimentari adulterate o contraffatte.
Non è necessario che dall’assunzione derivi un effettivo danno per la salute, ma occorre effettuare una valutazione circa l’attitudine della sostanza a cagionare un danno alla salute.
Questo comporta che, a prescindere dalla causazione di un danno alla salute, se la sostanza è idonea a cagionarlo, la condotta sarà penalmente sanzionata ai sensi dell’art. 440 c.p.
Qualora poi dall’assunzione della sostanza ne derivi un danno psicofisico, colui che ha posto in essere la condotta di sofisticazione, potrà essere chiamato a rispondere anche del reato di lesioni e, nei casi più gravi, di omicidio.
Dal punto di vista civilistico
Dal punto di vista civilistico, il produttore che pone in essere le condotte di sofisticazione del vino potrebbe essere chiamato a rispondere a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale:
– la responsabilità civile può avere natura contrattuale per “inadempimento di una obbligazione” assunta (artt. 1218 Cod. Civ. , 1176 Cod. Civ., II comma, 2230 Cod. Civ. , 2229 Cod. Civ.). Trova la propria necessaria giustificazione nell’esistenza di un rapporto qualificato tra debitore e creditore, di tipo obbligatorio.
Ad esempio, Tizio stipula un contratto con Caio per la vendita di vino IGP. La merce che poi Caio consegna a Tizio tuttavia consiste in vino prodotto con uva da tavola, non adatto alla vinificazione. A questo punto Caio risponderà della violazione dei doveri contrattuali.
– la responsabilità extracontrattuale è prevista dall’art. 2043 Cod. Civ., ove è affermato: “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
Ad esempio, se Caio vende a Tizio vino contenente etinolo e ciò provoca un danno alla salute di Tizio.
La responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale possono concorrere allorché un unico comportamento risalente al medesimo autore, e quindi un evento dannoso unico nella sua genesi soggettiva, appaia di per sé lesivo non solo di specifici diritti derivanti al contraente dalle clausole contrattuali, ma anche dei diritti assoluti che alla persona offesa spettano di non subire pregiudizi all’onore, alla propria incolumità personale e alla proprietà di cui è titolare.
Infine, dal punto di vista amministrativo, l’art. 15 del TU Vino elenca le sostanze che è vietato detenere negli stabilimenti enologici e nei locali annessi o intercomunicanti.
In particolare, per quanto riguarda la produzione del vino, viene espressamente codificato il divieto di detenzione dell’acqua e delle altre sostanze ottenute nei processi di concentrazione dei mosti o dei vini, sanzionando l’aggiunta di elementi diversi.
In sintesi:
– la sofisticazione è l’alterazione della struttura originale del vino, attraverso la sostituzione di elementi propri del vino stesso con altri estranei;
– dal punto di vista penalistico tale condotta viene punita ai sensi dall’art. 440 c.p. (Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);
– dal punto di vista civilistico il produttore di vino “sofisticato” può essere chiamato a rispondere a titolo di responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale;
– dal punto di vista amministrativo, il produttore potrebbe rispondere ai sensi dell’art. 15 TU Vino se inserisce nel vino delle sostanze vietate.
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Avv. Gennaro Colangelo Dr.ssa Rosa Colucci