DIRITTO CONDOMINIALE: Spese condominiali – I criteri per la ripartizione dell’acqua in condominio

Elisa Boreatti
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Sommario: 1. Il criterio di ripartizione convenzionale – 2. Il criterio del consumo effettivo – 3. Il criterio di ripartizione legale – 3. Considerazioni conclusive

 

  1. IL CRITERIO DI RIPARTIZIONE CONVENZIONALE

Il criterio da adottarsi in tema di ripartizione delle spese condominiali relative al consumo dell’acqua può essere stabilito nel regolamento contrattuale.

Nel caso in cui l’assemblea volesse adottare un diverso criterio rispetto a quello previsto nel regolamento ovvero volesse adottare un criterio diverso da quello legale (ad esempio in parti uguali, ovvero in base al numero degli occupanti)  è necessaria una delibera assunta all’unanimità, pena la nullità della delibera stessa. Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza nr. 6714/2010 la quale così ha disposto “in materia di delibere condominiali, sono affette da nullità … quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art 1123 cc o dal regolamento contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini…”.  Sul punto si richiama anche la sentenza della Corte di Cassazione nr. 6128 depositata il 9.3.2017 la quale stabilisce che sono da considerare nulle per impossibilità dell’oggetto, e non meramente annullabili, e perciò impugnabili indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio di trenta giorni ex art. 1137, comma 2, c.c., tutte le deliberazioni dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell’organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tal fine, un accordo unanime, espressione dell’autonomia negoziale.

  1. IL CRITERIO DEL CONSUMO EFFETTIVO

Si segnala che in forza dell’art. 116 Dlgs 196/03 rubricato “Risparmio idrico” che sostituisce, abrogandolo, l’art. 5 della legge n. 36 del 1994 e in forza del decreto della presidenza del consiglio dei ministri (d.p.c.m. n. 62 del 4 marzo 1996) è stato introdotto il criterio del c.d. consumo effettivo. In forza di detto criterio le spese dell’acqua devono essere ripartite tenuto conto del consumo effettivo rilevato dai contabilizzatori posti all’interno di ciascuna unità abitativa (fermo restando comunque l’applicazione del criterio millesimale per le spese idriche riferite e funzionali alle parti comuni).

Detti contabilizzatori possono essere presenti all’interno delle unità abitative già al momento della costruzione dell’edificio ovvero possono essere installati previa delibera assembleare assunta all’unanimità.

Il legislatore guarda con favore all’installazione di detti contabilizzatori in quanto permette di determinare il consumo effettivo sulla base di criteri oggettivi e tecnici e di eliminare gli sprechi.

Sul punto si è espressa anche la Corte di Cassazione con sentenza nr. 17557/14 la quale ha sottolineato in primis che in condominio le spese relative al consumo dell’acqua devono essere ripartite in base all’effettivo consumo se questo è rilevabile oggettivamente con strumentazioni tecniche. La Suprema Corte specifica, comunque, che se detta rilevazione oggettiva non sia possibile e non vi sia una diversa convenzione tra le parti (si pensi ad un regolamento di matrice contrattuale o ad una statuizione assembleare totalitaria) la determinazione delle spese deve essere assunta tenuto conto di quanto sancito dall’art. 1123 c.c. . Ne consegue che non è ammesso che il costo relativo all’erogazione dell’acqua, con una delibera assunta a maggioranza: a) sia suddiviso in base al numero di persone che abitano stabilmente nel condominio e che b) resti di conseguenza esente dalla partecipazione alla spesa il singolo condomino il cui appartamento sia rimasto disabitato nel corso dell’anno.

  1. IL CRITERIO DI RIPARTIZIONE LEGALE

Qualora il regolamento condominiale non disponga sul punto, non vi sia una diversa volontà unanime dell’assemblea, il condominio disponga di un solo contatore generale (ossia disponga di un solo contatore che rilevi il consumo totale dell’acqua) e non ci siano contabilizzatori posti all’interno di ogni unità abitativa, il criterio che deve essere adottato per la determinazione delle spese è quello legale, ossia quello indicato nell’art. 1123 cc. Un tanto si giustifica se si considera che l’impianto idrico è qualificato, ai sensi dell’art 1117 cc, come parte comune dell’edificio. Sul punto è intervenuta una sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma il 17.3.1988 che ha specificato che l’impianto idrico svolge una funzione oggettivamente comune in quanto destinato a servire tutti i condomini.

Ma quali sono i criteri legali previsti nell’art. 1123 cc?

Al comma 1 il precetto normativo indica che per la determinazione delle spese relative a beni desinati a servire i condomini in maniera indistinta, il criterio da adottarsi è quello millesimale basato su una corrispondenza proporzionale tra l’onere contributivo ed il valore della proprietà di cui ciascuno condomino è titolare.

Si legga “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.

Al 2 comma la norma apporta un correttivo rispetto a quanto indicato nel primo comma specificando che, qualora le spese siano relative a cose destinate a servire i condomini in misura diversa, il criterio da adottarsi è quello relativo all’uso proporzionale che il condominio fa del bene stesso. Tuttavia rispetto a detta disposizione si sottolineano due aspetti. il primo è che la stessa fa riferimento al godimento potenziale che il condomino può ricavare dalla cosa o dal servizio comune; la seconda è che quella del condomino è una obbligazione propter rem strettamente collegata al diritto di comproprietà che ha sulla cosa comune e, pertanto, il fatto che egli non ne faccia uso non lo esonera dall’obbligo del pagamento della relativa spesa (anche perchè l’acqua oltre che per un uso esclusivo viene utilizzata anche per le parti comuni: si pensi ad esempio alla pulizia delle stesse parti comuni o  all’annaffiamento delle piante, etc).

Alla luce di quanto sin qui esposto ne consegue che, ad esempio, sono nulle le delibere assembleari assunte a maggioranza che stabiliscano che il criterio di ripartizione delle spese deve essere quello in base alle persone presenti all’interno di una unità abitativa.

Si ricorda infatti che l’obbligazione che deriva dall’uso del “bene comune acqua” si qualifica come obbligazione propter rem e, pertanto, tutti i codomini sono tenuti al pagamento delle spese indipendentemente dall’uso effettivo che ne fanno.

In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza nr. 17557/14 che ha ritenuto illegittima la delibera assembleare assunta a maggioranza da un Condominio di Milano, che in assenza di un regolamento condominiale, ripartiva le spese per l’acqua potabile in proporzione al numero degli occupanti le unità immobiliari, con esonero di quelli risultanti disabitate sicché è viziata, per intrinseca irragionevolezza, la delibera assembleare, assunta a maggioranza, che – adottato il diverso criterio di riparto per persona in base al numero di coloro che abitano stabilmente nell’unità immobiliare – esenti al contempo dalla contribuzione i condomini i cui appartamenti siano rimasti vuoti nel corso dell’anno.

Parimenti sono nulle le delibere assembleari che individuino il criterio di ripartizione delle spese in parti uguali. Sul punto si è pronunciato il Tribunale di Roma in data 31.1.2017 con sentenza nr. 1619 ribadendo che se mancano i cosiddetti contatori a discarico per la lettura dei consumi individuali, la ripartizione delle spese per il consumo d’acqua in condominio va fatta secondo l’articolo 1123 cc, comma 1 (ossia in proporzione al valore della proprietà di ciascuno). Il Tribunale ha ritenuto quindi illegittima la delibera assembleare che stabilisce la ripartizione delle spese dell’acqua in parti uguali. Secondo il giudicante, infatti, seppur i condomini possano stabilire diverse modalità di ripartizione delle spese dell’acqua che meglio si adattano alle circostanze del caso, tuttavia le spese per detto bene va effettuata secondo l’art. 1123 cc, primo comma, ossia in base ai valori millesimali.

Quanto sin qui detto trova applicazione anche per la ripartizione delle spese in tema di ascensori e gas. In particolare si segnala la sentenza del Tribunale di Treviso depositata il 18 ottobre 2016 che ha dichiarato nulla la delibera assembleare impugnata (assunta a maggioranza) che ripartiva il consumo del gas in base ai millesimi in quanto ha violato l’art.1123 cc secondo comma in forza del quale vanno ripartite le spese del riscaldamento. Così facendo, si legge nella sentenza, l’assembla ha adottato un criterio di ripartizione delle spese in deroga a quelli previsti dall’art. 1123 cc o dal regolamento contrattuale senza il consenso unanime dei condomini, decidendo quindi su una materia sottratta alla competenza dell’assemblea e incidendo su diritti individuali del singolo condomino”. Secondo il Tribunale veneto, quindi, le spese relative al servizio del riscaldamento devono essere suddivise in base al consumo effettivo riferibile ai singoli condomini e, quindi, ai sensi dell’art 1123 2 comma. Sul punto si richiama anche la sentenza  nr. 19651 pronunciata dalla Corte di Cassazione e depositata il 4.8.2017 che ha stabilito che la deliberazione di ripartizione delle spese dell’esercizio dell’impianto del riscaldamento centralizzato che intenda stabilire a maggioranza un criterio diverso da quello legale, ossia da quello indicato nell’art. 1123 cc 2 comma va ritenuta nulla.

  1. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In ambito condominiale la ripartizione delle spese del consumo dell’acqua deve essere effettuata tra i condomini secondo il criterio dettato dal regolamento; in difetto di disposizione in tal senso e in presenza di contatori in ogni singola unità immobiliare, il criterio da adottarsi è quello dell’effettivo consumo di ciascuno. In subordine, ai sensi dell’articolo 1123 del Codice civile si deve adottare il criterio legale, ossia quello che stabilisce la ripartizione in misura proporzionale al valore di proprietà di ciascuno (millesimi di proprietà) e tale ultimo criterio di ripartizione può essere derogato esclusivamente con il consenso unanime di tutti i condomini.

Elisa Boreatti                                      Bruna Moretti

avvocato                                             dottoressa

Riproduzione riservata

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