LA SENTENZA: E’ sufficiente la sentenza di divorzio per iscrivere ipoteca giudiziale

Elisa Boreatti
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Corte di Cassazione n. 1154/2020 depositata il 18 maggio 2020

Fatto e decisione del Tribunale di Milano

L’ex moglie aveva iscritto ipoteca giudiziale sul 50% dell’immobile di proprietà dell’ex marito a garanzia dei futuri versamenti dell’assegno divorzile previsti dalla sentenza di divorzio.

L’ex marito agiva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, affinché venisse accertata e dichiarata l’inesistenza di suoi debiti pregressi nei confronti della sua ex moglie e, quindi, l’inesistenza dei presupposti tali da giustificare la permanenza a proprio carico dell’iscrizione di ipoteca giudiziale, nonché l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria, con condanna dell’ex moglie al risarcimento dei danni, anche ai sensi dell’art. 96, commi 1 e 2, c.p.c.

Si costituiva in giudizio l’ex moglie chiedendo il rigetto delle domande attoree.
Il Tribunale di Milano dichiarava l’illegittimità dell’ipoteca giudiziale a fronte della mancanza di idonei presupposti e della non equità e sproporzione operata nella quantificazione della stessa ordinando pertanto la cancellazione dell’ipoteca giudiziale.

Inoltre il Tribunale di Milano condannava l’ex moglie per responsabilità aggravata, ex art. 96, comma 2, c.p.c. per aver posto in essere una forma di abuso del diritto processuale.

Il Tribunale di Milano aderendo ad un orientamento della Corte di Cassazione (Cass n. 12309/2004; Cass. n. 12428/1991; Cass n. 5184/1979) evidenziava, nel dare sostanza alle ragioni giuridiche del marito, che sebbene in ragione dell’articolo 8 comma 2 della legge 898/79 esista la legittimazione a favore del coniuge o ex coniuge creditore del mantenimento  in presenza di una sentenza di divorzio ad iscrivere ipoteca sui beni dell’altro coniuge tuttavia permane nella competenza del Giudice eventualmente adito la verifica ex post della sussistenza in concreto delle condizioni per la sussistenza della garanzia ipotecaria nell’an e nel quantum, ossia il periculum di inadempimento in capo all’ex coniuge obbligato all’assegno.

Impugnazione della sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Milano.

La sentenza emessa dal Tribunale di Milano veniva impugnata dall’ex moglie dinanzi alla Corte di Appello di Milano chiedendo la riforma integrale per i seguenti motivi:

1. Violazione nell’applicazione dell’art. 8, comma 2, della L. 898\1970 e dell’art. 2818 cc.

In ordine a tali norme, l’ex moglie contestava l’interpretazione sistematica fornita dal giudice e posta a fondamento della decisione di cancellazione dell’ipoteca. A suo avviso, si sarebbe dovuto applicare alle stesse un criterio ermeneutico di tipo letterale tale per cui l’ex coniuge ha il diritto di iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili dell’obbligato e la legittimità di tale garanzia non sarebbe vincolata alla sussistenza di ulteriori presupposti, se non quello della emissione della sentenza che ha riconosciuto un assegno divorzile in suo favore.

Sempre ad avviso dell’appellante, anche qualora si dovesse interpretare la norma in via sistemica, il risultato sarebbe il medesimo, in quanto emergerebbe che il legislatore laddove abbia ritenuto necessaria la sussistenza del “pericolo di inadempimento”, lo ha inserito espressamente nella norma, come nelle ipotesi dell’art. 156 comma 4 e comma 6, cc.

2. Valutazione da parte del giudice di prima cure errata circa l’insussistenza del pericolo di inadempimento in capo all’ex marito anche a fronte del mancato ingresso delle prove testimoniali richieste dall’ex moglie.

Invero l’appellante sostiene di aver dato prova documentale dell’esposizione debitoria dell’ex coniuge ossia del concreto e attuale pericolo di inadempimento di quest’ultimo, e a fronte di ciò l’iscrizione dell’ipoteca sul 50% dell’immobile di proprietà del dell’ex marito avrebbe avuto legittima funzione cautelare.

3. Infine, con l’ultimo motivo di gravame, l’appellante lamentava l’applicazione dell’art. 96, comma 2, c.p.c. in quanto riteneva non sussistenti i presupposti per la condanna, a titolo di responsabilità aggravata, da individuarsi nell’inesistenza del diritto di credito e nella prova del danno patito.

Si costituiva tempestivamente l’appellato contestando le argomentazioni ex adverso svolte, ribadendo quanto già sostenuto negli atti di primo grado, e pertanto, chiedeva l’integrale conferma della sentenza del Tribunale.

In conclusione.

La Corte d’Appello di Milano premette che l’ipoteca giudiziale, diritto reale di garanzia, è un istituto posto a tutela del diritto del creditore ad essere pienamente soddisfatto, tutelandolo da un eventuale inadempimento del debitore.

Infatti ogniqualvolta che venga emesso un provvedimento giudiziale di condanna al pagamento di una somma di denaro o all’adempimento di altra obbligazione, il creditore può procedere all’iscrizione della garanzia.

Nello specifico, continua la Corte d’Appello, nei procedimenti di separazione e divorzio, la facoltà di iscrivere ipoteca giudiziale è contemplata, rispettivamente, nell’art. 156, comma 5, c.c., e nell’art. 8, comma 2, l. div. n. 898/1970.

Disposizione estesa anche all’accordo tra i coniugi stipulato in sede di negoziazione assistita.

Alla luce di quanto sopra è evidente che il legislatore abbia voluto tutelare il coniuge al quale non sia addebitata la separazione o che sia beneficiario di assegno divorzile.

La ratio legis di tale quadro normativo viene individuata alla luce della recente ed innovativa interpretazione delle Sezioni Unite (sentenza n. 18287/2018) avente ad oggetto proprio l’assegno divorzile ex art. 5 della legge 898\1970, definitivamente affermando, tra l’altro, che i principi di uguaglianza dei coniugi, autoresponsabilità e solidarietà ex art. 2, 3 e 29 Cost. rilevano anche nella definizione dei singoli profili economici-patrimoniali post matrimonio, mantenendo in vita, dunque, l’obbligo di reciproca assistenza e di collaborazione in capo agli ex coniugi.

In questo senso, pertanto, l’assegno divorzile, così come riconosciuto e ritenuto adeguato dal giudice di merito, svolge la necessaria funzione assistenziale e compensativa-perequativa.

Ne consegue che per consentire tale funzione, protetta dunque anche costituzionalmente, occorre inevitabilmente garantire attraverso gli strumenti di legge l’esatto adempimento contenuto nell’assegno.

Pertanto l’ipoteca giudiziale risulta essere un adeguato strumento di garanzia preventiva, attivabile unicamente e immediatamente all’emissione di un provvedimento giudiziale, di cui all’art. 2818 c.c., senza necessità di ulteriori requisiti.

Alla luce di quanto sopra esposto la Corte d’Appello di Milano accoglieva l’impugnazione dell’ex moglie sulla base del primo motivo di gravame riformando integralmente la sentenza di primo grado e condannando l’ex marito alla rifusione delle spese processuali del primo e del secondo grado in favore dell’ex moglie, ritenendo pertanto legittima l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale a garanzia sulla base della semplice sentenza di divorzio, non riconsocendo al riguardo alcun potere di controllo ex post della sussistenza in concreto delle condizioni per la sussistenza della garanzia ipotecaria ad alun altro organo giudiziario successivamente adito dal debitore, legittimato passivo in ragione della sentenza divorzile.

Avv. Gennaro Colangelo                                                      Dr.ssa Bruna Moretti

 

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