LA SENTENZA: il conducente investitore deve provare la correttezza del suo comportamento

Elisa Boreatti
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Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 11 luglio – 4 dicembre 2019, n. 31714

FATTO

 

Una signora è stata investita da un motociclo e poche ore dopo è deceduta.

Gli eredi hanno chiamato in causa l’investitore e il Fondo di Garanzia in quanto il mezzo era privo di copertura assicurativa chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni subiti nell’incidente stradale.

Nel giudizio si sono costituiti i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda e proponendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni patiti nell’incidente dal conducente del motociclo.

 

TRIBUNALE

 

Il Tribunale ha accertato che la responsabilità del sinistro era da ricondurre per il 70 per cento alla defunta vittima e per il 30 per cento al conducente del veicolo condannando quindi i convenuti al pagamento della somma complessiva a favore degli eredi e condannando questi ultimi al pagamento di una somma a favore del motociclista per i danni riportati.

 

CORTE D’APPELLO

 

La Corte d’Appello ha riformulato la sentenza di primo grado riconoscendo la responsabilità esclusiva dell’incidente alla defunta.

 

CORTE DI CASSAZIONE

 

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso presentato dagli eredi e questo sulla base delle seguenti circostanza.

La giurisprudenza di questa Corte ha recentemente affermato che l’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da un veicolo non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054 c.c., comma 1, dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e tenendo conto che, a tal fine, neanche rileva l’anomalia della condotta del primo, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta (v., tra le altre, le sentenze 5 marzo 2013, n. 5399, e 4 aprile 2017, n. 8663).

 

Nel caso di specie, la Corte d’appello non ha fatto integralmente buon governo di tali principi. La sentenza, infatti, dopo aver indicato qual era lo stato dei luoghi, ha ritenuto “imprevedibile non solo l’avvistamento del pedone in tempo utile per l’adozione di una manovra di emergenza”, ma anche la stessa presenza del pedone in quel contesto (strada stretta, margine angusto, assenza di marciapiede o banchina sul lato destro, presenza di un costone roccioso). Manca, però, ogni accertamento positivo in ordine all’effettiva piena correttezza del comportamento del conducente investitore, soprattutto per quanto riguarda la prova, da parte sua, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Si allega il testo dell’ordinanza:

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 11 luglio – 4 dicembre 2019, n. 31714

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