LA SENTENZA: Scontro tra un veicolo e un cervo: nessun risarcimento al conducente

Elisa Boreatti
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Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 5 luglio – 13 dicembre 2019, n. 32775

FATTO

 

Un signore ha chiamato in causa la Regione in quanto una sera, in condizioni di scarsa visibilità per il buio, la nebbia e la pioggia, mentre stava percorrendo la strada comunale n. 51 un animale selvatico, nella specie un cervo, ha fatto irruzione sulla sua carreggiata. Lo scontro ha causato notevoli danni al veicolo.

 

IL TRIBUNALE

 

Il conducente ha quindi citato la Regione Veneto per ottenerne in via principale la condanna al risarcimento dei danni quantificati in Euro 13.600,00 o nella diversa somma accertata giudizialmente ai sensi degli artt. 2052 o 2043 c.c., in via subordinata in Euro 12.472,50, nell’ipotesi in cui il giudice avesse ritenuto antieconomica la rottamazione dell’autovettura e in via ulteriormente subordinata, ove fosse emerso un suo concorso di colpa, in Euro 6.800,00.

Il Tribunale ha respinto la richiesta.

 

LA CORTE D’APPELLO

 

Il conducente ha quindi proposto appello dichiarato dalla Corte inammissibile.

 

CORTE DI CASSAZIONE

 

Il conducente si è quindi rivolto alla Corte di Cassazione la quale ha ribadito i principi più volte enunciati in merito al fatto che gli animali vaganti non hanno mai avuto né un proprietario né un utilizzatore e il danneggiato da un loro comportamento non può, perciò, invocare l’art. 2052 c.c., bensì utilizzare l’art. 2043 c.c., dimostrando una condotta colposa ascrivile al soggetto preposto alla cattura ed alla custodia di essi; va, altresì, precisato che nel caso di specie l’incidente occorso non si è verificato per causa di un animale randagio, bensì per l’improvvisa invasione della corsia di marcia da parte di un cinghiale che, ai sensi della L. n.157 del 1992, appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato, il cui controllo spetta alle Regioni, alla quale la medesima legge assegna espressamente compiti di organizzazione del relativo controllo.

– non è possibile riconoscere una responsabilità ex art. 2043 c.c. semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui la normativa affida in generale il compito di tutela della suddetta fauna occorrendo la puntuale allegazione, o quantomeno la specifica indicazione, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una condotta omissiva efficiente sul piano della presumibile sua ricollegabilità al danno ricevuto.

Il Tribunale quindi ha esattamente individuato la premessa in iure del suo ragionamento e non è incorso nel vizio imputatogli dal ricorrente quando, con una motivazione con essa collimante, ha ritenuto che il ricorrente non avesse soddisfatto l’onere probatorio di cui era gravato.

Il tipo di comportamento esigibile volta per volta e in concreto da parte della Regione, si da dedurne la eventuale responsabilità sulla base dello scarto tra la condotta concreta e la condotta esigibile – quest’ultima individuata secondo i criteri della prevedibilità e della evitabilità e della mancata adozione di tutte le precauzioni idonee a mantenere entro l’alea normale il rischio connaturato al fenomeno dell’attraversamento stradale da parte della fauna selvatica – deve essere valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, tenendo conto che per imputare a titolo di colpa un evento dannoso non basta che esso sia prevedibile – rappresenta, infatti, un fenomeno del tutto naturale che animali selvatici possano attraversare le strade – ma occorre anche che esso sia evitabile in quel determinato momento ed in quella particolare situazione con uno sforzo proporzionato alle capacità dell’agente.

Ebbene, nel caso di specie va rilevato che il ricorrente non ha provato che nel caso di specie caratterizzato, per sua stessa ammissione, da scarsa visibilità a causa del buio, della pioggia e della nebbia, non fosse sufficiente quale misura atta a prevenire il danno occorsogli il cartello di pericolo che la Regione aveva apposto in prossimità del teatro dell’incidente.

Proprio le condizioni di tempo e di luogo indicate dal ricorrente in aggiunta alla segnalazione di pericolo di attraversamento di animali selvatici avrebbero dovuto indurre la vittima ad adottare alla guida dell’auto un comportamento particolarmente prudente sufficiente, secondo un criterio di ragionevolezza, ad evitare l’impatto con l’animale.

Si allega il testo dell’ordinanza:

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 5 luglio – 13 dicembre 2019, n. 32775

 

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