DIRITTO VITIVINICOLO: Le autorizzazioni sostituiscono il diritto di impianto viticolo

Elisa Boreatti
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Sommario: 1. Le fonti – 2. Il sistema delle autorizzazioni – 3. La conversione del diritto di impianto viticolo in autorizzazione. Il caso Italia – 4. Gli effetti del sistema delle autorizzazioni sul patrimonio vitivinicolo

 

  1. LE FONTI

La normativa comunitaria e nazionale che costituisce il quadro di riferimento in riferimento per le procedure per la gestione e il controllo del potenziale viticolo regionale sono le seguenti:

Regolamento (UE) n.1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n.922/72, (CEE) n.234/79, (CE) n.1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio”, – Regolamento delegato (UE) 2015/560 della Commissione del 15 dicembre 2014 che integra il regolamento (UE) n.1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, – Regolamento di esecuzione (UE) 2015/561 della Commissione del 7 aprile 2015 recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n.1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli.

In particolare il regolamento (Ue) n. 1308/2013 ha previsto l’avvio, dal 1° gennaio 2016, del nuovo sistema di “autorizzazioni” per gli impianti viticoli che prevede il rilascio, previa richiesta, di autorizzazioni all’impianto di nuovi vigneti nel limite massimo annuo dell’1% della superficie vitata nazionale. Dopo 30 anni di rigido controllo dell’offerta, attuato con il regime dei diritti di impianto dei vigneti, dal 2016 la viticoltura italiana ha dovuto affrontare una parziale liberalizzazione della produzione.

Si segnala altresì che l’ampia flessibilità riconosciuta agli Stati membri nelle decisioni di attuazione del nuovo sistema autorizzativo ha fatto sì che le modalità utilizzate dai singoli paesi membri siano piuttosto differenziate.

In Italia le disposizioni sull’attuazione del nuovo sistema di autorizzazioni sono state assunte tramite il decreto ministeriale n. 12272 del 15 dicembre 2015 e dal decreto ministeriale n. 527 del 30 gennaio 2017 che modifica il sistema di richiesta delle autorizzazioni all’impianto.

  1. IL SISTEMA DELLE AUTORIZZAZIONI

In attuazione delle novità assunte a livello europeo (che hanno determinato la fine del regime dei diritti di impianto caratterizzato da un rigido sistema di controllo degli impianti viticoli e dal fatto che i viticoltori che volevano impiantare nuovi vigneti dovevano acquistare i diritti da un altro produttore che aveva espiantato) a far data dal 1 gennaio 2016 si è aperto il sistema delle autorizzazioni che rimarrà in vigore  fino al 31 dicembre 2030 (il regime è pertanto transitorio). Il diritti di impianto, quindi, al pari delle quote latte è stato abolito da parte dell’Unione Europea.

Ora seppur condividono la medesima finalità (che è quella di consentire al soggetto titolare di impiantare un vigneto all’interno di un sistema di contenimento dell’offerta) e seppur devono essere possedute dal produttore, unitamente alla proprietà del vigneto, per produrre il vino, diritto di impianto e sistema delle autorizzazioni sono profondamente diversi tra loro.

Il diritto di impianto era, infatti, commercializzabile (era quindi possibile che venisse venduto senza la terra), aveva un valore di mercato che era direttamente proporzionale alla domanda e offerta di diritti d’impianto, consentiva al produttore sia di piantare il vigneto sia di vendere il diritto, separatamente dalla terra. Inoltre in caso di espianto senza reimpianto il viticoltore maturava diritti al reimpianto che poteva vendere a terzi. Questo permetteva, per esempio, ai viticoltori anziani che dopo l’espianto non volevano effettuare il reimpianto di vendere i diritti.

Attualmente, in Italia, sono in circolazione circa 50.000 ettari di diritti: di questi, il 90% sono detenuti dai produttori, il resto è nelle riserve regionali.

L’autorizzazione, invece, viene concessa gratuitamente dall’Autorità pubblica (Stato o Regioni), non può essere compravenduta o ceduta a terzi neppure a titolo gratuito, permette ad ogni viticoltore che espianta di richiedere un’autorizzazione per il reimpianto del medesimo ettaro e in caso di mancato esercizio della autorizzazione questa viene persa. Inoltre in caso di mancata richiesta di reimpianto, l’autorizzazione decade e l’ettaro corrispondente viene perso (con il rischio di una erosione del patrimonio vitivinicolo nazionale).

La richiesta di autorizzazione può avere ad oggetto sia la richiesta di nuovi impianti sia di reimpianti.

In particolare le domande di autorizzazione per nuovi impianti di vigneti (che possono riguardare anche più autorizzazioni per vigneti da impiantare in Regioni differenti) sono ammissibili se dal fascicolo aziendale del richiedente risulta in conduzione una superficie agricola pari o superiore a quella per la quale è richiesta l’autorizzazione. Le domande sono presentate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali dal 15 febbraio al 31 marzo di ogni anno in modalità telematica nell’ambito del SIAN (sistema informativo unificato di servizi del comparto agricolo, agroalimentare e forestale messo a disposizione dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e dall’Agea – Agenzia per le Erogazioni). Successivamente il Ministero comunica l’elenco delle aziende ammesse alle Regioni, che a loro volta rilasciano le autorizzazioni a procedere ai nuovi impianti entro il 1° giugno di ogni anno. Le concesse autorizzazioni, gratuite e non trasferibili, sono valide per tre anni. I nuovi impianti, specifica il decreto, sono esclusi dai contributi nell’ambito della misura ‘Ristrutturazione e riconversione dei vigneti’ dell’Ocm Vino: ne consegue che gli impianti legati alle nuove autorizzazioni dovranno essere effettuati interamente a spese del produttore..

Per quanto riguarda le domande di autorizzazione per reimpianti queste sono concesse ai produttori che estirpano una superficie vitata e che presentano una richiesta alle Regioni competenti. Tali autorizzazioni sono utilizzabili nella stessa azienda che ha proceduto all’estirpazione e corrispondono ad una superficie equivalente alla superficie estirpata in coltura pura, ovvero alla superficie vitata così come definita dal decreto ministeriale del 16 dicembre 2010. Le domande possono essere presentate in qualunque momento dell’anno entro la fine della seconda campagna viticola successiva all’estirpazione. Sono le Regioni a ricevere le istanze, a svolgere l’istruttoria e a rilasciare le autorizzazioni entro tre mesi dalla trasmissione della domanda. Anche in questo caso il periodo di validità è fissato in 3 anni. Dal 1° gennaio 2016 solamente le autorizzazioni al reimpianto potranno essere utilizzate per ricevere i contributi.

Ricevuta l’autorizzazione il produttore deve quindi eseguire l’impianto entro tre anni (validità della autorizzazione) ed eseguito l’impianto deve, entro 60 giorni comunicare alla Regione di riferimento la fruizione totale o parziale dell’autorizzazione e questo per l’aggiornamento del Registro informatico pubblico per gli impianti viticoli istituito presso il SIAN.

In caso di omessa effettuazione dell’impianto il produttore sarà soggetto ad una sanzione.

Per contenere le superfici vitate, ogni Stato può concedere autorizzazioni fino a un massimo dell’1% annuo della superficie vitata nazionale. Entro il 30 settembre di ogni anno il Ministero delle Politiche agricole rende nota con decreto direttoriale la superficie che può essere oggetto di autorizzazioni per nuovi impianti nell’annualità successiva.

Per il 2016 la superficie messa a disposizione per le richieste di autorizzazioni per nuovi impianti era pari a 6376 ettari, corrispondente all’1% della superficie potenziale italiana dichiarata al 31 luglio della precedente campagna.

A partire dal 2017 con il decreto ministeriale n. 527 del 30/01/2017, sono stati implementati i criteri di ammissibilità ed introdotti criteri di priorità per il rilascio delle autorizzazioni all’impianto di nuovi vigneti. Per il 2017 la superficie messa a disposizione per le richieste di autorizzazioni per nuovi impianti è pari a 6622 ettari, corrispondente all’1% della superficie potenziale italiana dichiarata al 31 luglio della precedente campagna e alle superfici autorizzate che sono state oggetto di rinuncia nel 2016.

Qualora le richieste di autorizzazioni ammissibili siano per un numero maggiore di ettari, sono concesse in proporzione, tenuto conto dei seguenti fattori di priorità: se si tratta di giovani produttori; dei requisiti ambientali; della sostenibilità economica; dell’incremento della competitività aziendale e territoriale; dell’incremento della qualità dei prodotti doc e igp; dell’aumento della dimensione dei piccoli vigneti.

Il decreto prevede, comunque, la possibilità di limitare il rilascio di autorizzazioni per specifiche aree e di introdurre criteri di ammissibilità e di priorità al fine di evitare eccessi nell’offerta di particolari prodotti vitivinicoli e il rischio di una svalutazione delle denominazioni di origine protetta o ad indicazione geografica protetta. Le Regioni e le organizzazioni professionali del settore vitivinicolo possono raccomandare al Ministero l’applicazione di queste restrizioni entro il 15 gennaio di ogni anno.

 

  1. LA CONVERSIONE DEL DIRITTO DI IMPIANTO VITICOLO IN AUTORIZZAZIONE. IL CASO ITALIA

La nuova Ocm prevede che i diritti di impianto “in portafoglio” possano essere convertiti in autorizzazioni nel momento in cui andrà a regime il nuovo il sistema.

Dal 1 gennaio 2016, quindi, non solo in Italia, ma in tutta Europa non si hanno più diritti, ma solo autorizzazioni.

Tuttavia in considerazione dell’alto numero di ettari detenuti in forma di diritti, l’Italia ha chiesto ed ottenuto una proroga al termine di conversione dei diritti in autorizzazioni.

Alla luce della normativa approvata, i produttori possono chiedere la conversione entro i1 31 dicembre 2020 e comunque non oltre la data di scadenza del diritto. Trascorso infruttuosamente questo tempo e il produttore non ha fatto richiesta di conversione, il diritto decade il 31 dicembre 2020.

Chiesta la conversione le Regioni devono autorizzare entro il termine di tre mesi dalla presentazione della domanda.

Dalla data di autorizzazione decorrono poi i tre anni di validità dell’autorizzazione, per cui il limite massimo per effettuare l’impianto del vigneto autorizzato è il 31 dicembre 2023.

 

  1. GLI EFFETTI DEL SISTEMA DELLE AUTORIZZAZIONI SUL PATRIMONIO VITIVINICOLO

Il passaggio dai diritti di impianto al sistema delle autorizzazioni avrà un grande impatto sul potenziale viticolo nazionale.

Il diritto era una sorta di paracadute per il vigneto Italia in quanto consentiva a chi intendeva smettere l’attività produttiva di cederlo ad altri soggetti intenzionati invece a espandere il proprio vigneto. Questo sistema non faceva crescere il potenziale produttivo, ma ne limitava il depauperamento.

Con il nuovo sistema di autorizzazioni, se l’espianto è dovuto a cause economiche o semplicemente all’età avanzata del titolare, quell’ettaro di vigneto andrà perduto per sempre e questo per le seguenti ragioni. L’autorizzazione è data nominalmente all’azienda e ancorata alla sua superficie, per cui se l’azienda cessa, scompaiono anche le sue prerogative. La soppressione del regime dei diritti, a partire dal 1° gennaio 2016, comporta la scomparsa delle “riserve”, che avrebbero potuto fungere da centri di raccolta delle autorizzazioni non richieste a seguito di espianto.

In Italia, che ha visto e continua a vedere forti erosioni della superficie, il sistema autorizzativo mostra un altro problema. Le autorizzazioni consentono la possibilità di ampliare le superfici a vite degli Stati membri per una quota non superiore all’1% del totale vigneto nazionale.

In Italia, il potenziale aumento del vigneto sarebbe di circa 6.000 ettari annui. A ciò si aggiungono i diritti in portafoglio e quelli delle riserve, che ammontano a circa 50.000 ettari; se venissero convertiti e piantati tutti nel giro di due anni, allora entrerebbero anch’essi nel calcolo dell’1%, contribuendo ad aumentare leggermente gli ettari a disposizione.

Questa ragione è stata alla base della scelta del Ministero di sbloccare i diritti detenuti nelle riserve e dall’altra di revocare ove previsti i limiti alla commercializzazione extra regione, consentendo di sfruttare al massimo il meccanismo delle compravendite fino al 31 dicembre 2015.

Avv. Gennaro Colangelo                                                           Dr.ssa Rosa Colucci

Riproduzione riservata

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