Oggi affrontiamo un aspetto della liquidazione controllata, ossia una delle tre misure che il codice della crisi mette a disposizione al sovraindebitato per provvedere al pagamento dei suoi debiti.
In particolare, rispondiamo alla domanda se il liquidatore nominato dal Tribunale deve “mettere in liquidazione” tutti i beni di proprietà del debitore.
Diciamo subito che la risposta è negativa. Non tutti i beni possono essere venduti ma solo quelli che non rientrano nell’elenco di seguito indicato:
- i beni che, per Legge, non possono essere pignorati, il creditore deve rispettare dei limiti stabiliti in parte dal Codice di procedura civile e in parte dalle leggi speciali. La ragione di tale esclusione si ravvisa nel fatto che il legislatore vuole preservare la dignità e il sostentamento del debitore che vengono pertanto messi su un piano superiore rispetto all’interesse meramente patrimoniale del creditore;
- i crediti di carattere alimentare e di mantenimento;
- i crediti che non sono pignorabili ai sensi dell’art. 545 del Codice di Procedura Civile.
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Tra questi ad esempio ricordo:
- anello nuziale;
- vestiti, biancheria;
- letti, tavoli per i pasti con le relative sedie;
- armadi, guardaroba, cassettoni, frigorifero, stufe e fornelli di cucina;
- lavatrice, utensili di casa e di cucina unitamente al mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore e alle persone della sua famiglia che convivono con lui. Sono invece pignorabili i mobili di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato (a meno che non si tratti del letto);
- i frutti derivanti dall’usufrutto dei beni dei figli e i beni costituiti in fondo patrimoniale e i loro frutti;
- gli stipendi, i salari e le pensioni che il debitore guadagna con la propria attività, nei limiti di quanto occorre al mantenimento della famiglia, così come stabilito dal Giudice.
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Ecco quindi, che è opportuno che il debitore legga sempre attentamente i beni che il liquidatore vuole vendere.