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Il codice civile si occupa dei beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e a quelli ecclesiastici agli articoli compresi tra l’822 e l’831 distinguendoli in due grandi categorie: quelli che appartengono al demanio pubblico e quelli che appartengono al patrimonio.
Per quanto riguarda la prima categoria l’art. 822 cc individua, poi, due sotto categorie di beni: quelli che rientrano nel demanio necessario (ossia quei beni che sono necessariamente di proprietà dello Stato, quali ad esempio i fiumi, i torrenti i porti) e quelli che rientrano nel demanio accidentale (ossia quei beni che sono considerati demaniali solo se appartengono allo Stato, quali ad esempio le autostrade, le strade, gli immobili di interesse artistico).
Per quanto riguarda il patrimonio, invece, l’art. 826 cc indica che questo è costituito da tutti quei beni che non sono demaniali e specifica che questo si distingue, a propria volta, in patrimonio indisponibile (qualificato in tal maniera in quanto diretto a soddisfare un interesse pubblico) e in patrimonio disponibile (definito questo in via residuale).
Qualificare un bene come appartenente alla prima o alla seconda categoria ha importanti riflessi anche sulla disciplina giuridica. Il codice civile sancisce, infatti, che i beni demaniali non sono alienabili, non sono usucapibili e possono essere utilizzati solo in virtù di una concessione (ossia di un provvedimento amministrativo con cui la pubblica amministrazione conferisce ex novo situazioni giuridiche attive al beneficiario); che il patrimonio indisponibile può, invece, essere alienato se viene mantenuta la sua destinazione pubblica (art. 828 cc), che al patrimonio disponibile si applicano le norme di diritto privato.
Un esempio di bene pubblico è il faro. Ad oggi la maggior parte dei fari italiani ancora in servizio sono in parte gestiti dalla Marina Militare che una volta che dichiara che lo stesso non più utile alle esigenze di forza armata lo restituisce al demanio per le decisioni di competenza. A tal riguardo si segnala che la Marina Militare a volte cede solo gli alloggi del faro e non la torre del faro che rimane di sua pertinenza al fine di consentire la funzionalità della sorgente luminosa del faro stesso. In caso contrario, qualora cioè decida di cedere anche la torre l’ottica del faro viene smontata e il faro cessa la sua funzione di ausilio alla navigazione marittima.
In caso di dismissione l’Agenzia del Demanio subentra nella gestione dei fari e può decidere l’uso più idoneo avviando anche iniziative volte alla loro valorizzazione, come è accaduto con il progetto “Valore Paese Fari”.
Come avviene la valorizzazione del bene pubblico?
Due solo le forme adottate: la dismissione e il federalismo demaniale
La dismissione
Nel corso degli anni la necessità di risanamento dei conti pubblici e di valorizzazione del patrimonio dello Stato ha portato all’emanazione di disposizioni volte non solo a dismettere il patrimonio immobiliare ma anche a valorizzare gli altri beni in modo tale da ricavare dagli stessi delle utilità economiche.
Quest’opera di amministrazione e di gestione è stata affidata all’Agenzia del Demanio, ossia ad un ente pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze la cui attività è regolata dal decreto legislativo n. 300 del 1999, dallo Statuto e dalle norme del codice civile e delle altre leggi relative alle persone giuridiche private.
Tra le attività dell’Agenzia del Demanio si segnala il progetto “VALORE PAESE – Dimore” e “VALORE PAESE- Fari, torri ed edifici costieri”.
Il primo è finalizzato a rafforzare l’offerta culturale e la competitività dell’Italia attraverso la leva del turismo sostenibile, secondo una strategia di integrazione tra i settori del turismo, dell’arte e della cultura, dello sviluppo.
Il secondo è un progetto lanciato nel 2015 sempre dall’Agenzia del Demanio nell’ambito dell’intesa istituzionale con MiBACT, Ministero della Difesa e MEF volto a valorizzare il patrimonio del demanio costiero. Con tale progetto l’Agenzia del Demanio dà in concessione, tramite l’indizione di gare e per un arco di tempo determinato, ai privati alcuni fari o stazioni di segnalamento rispetto ai quali intendano sviluppare un progetto finalizzato a sviluppare un modello di accoglienza turistica intesa non solo come ricettività, ma anche in relazione ad attività formative, di natura sociale e culturale e di scoperta del territorio e paesaggistico.
Il federalismo demaniale
Il decreto legislativo 85/2010 relativo al federalismo demaniale costituisce il primo provvedimento di attuazione, in ordine temporale, del federalismo fiscale disciplinato dalla legge delega 42/2009 che, all’art. 19, stabilisce i principi e i criteri direttivi per l’individuazione e l’attribuzione a titolo non oneroso, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di un proprio patrimonio.
Il Federalismo demaniale, quindi, è una forma di collaborazione tra diversi livelli di governo volto a trasferire beni immobili di proprietà dello Stato (eccezion fatta per quelli culturali) agli enti territoriali i quali hanno il dovere di assicurare la loro valorizzazione. La finalità di detto federalismo – come dichiarato dagli artt. 1, comma 2 e 2, comma 4 e ribadito successivamente in diverse altre disposizioni del decreto – è, infatti, quella di consentire agli enti territoriali, a seguito del trasferimento dei beni, di disporne “nell’interesse della collettività rappresentata”.
Per quanto riguarda l’attribuzione del bene agli enti territoriali si segnala che questa è ope legis per i beni del demanio marittimo, del demanio idrico e delle miniere, mentre per gli altri beni l’attribuzione avviene a seguito di una procedura di individuazione che si svolge nei termini indicati dal decreto 85/10 (e da successivi decreti attuativi) ed all’inoltro di una specifica domanda dell’ente interessato.
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Riproduzione riservata
avv. Elisa Boreatti
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