Il piano del consumatore può includere anche il debito per il quale il creditore ha ottenuto una ordinanza di assegnazione dello stipendio?

Elisa Boreatti

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L’art.  8 comma 1 bis L. 3/2012, come introdotto dal decreto-legge 137/2020, contempla l’ipotesi in cui il debitore – nella proposta di piano del consumatore – preveda la “falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti dai contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del TFR o della pensione…”.

La Corte Costituzionale ritiene che il piano del consumatore possa “attrarre qualunque debito” e non solo quelli che derivano da una cessione volontaria.

Così facendo ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Livorno che aveva ritenuto contrario al principio di ragionevolezza (e quindi in violazione dell’art. 3  della Costituzione) l’anzi richiamata norma nella parte in cui “non stabilisce che il piano del consumatore possa prevedere, alle medesime condizioni, anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto  ordinanza di assegnazione di quota parte dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione”.

In un precedente approfondimento abbiamo già affrontato il tema (leggi l’articolo “Sovraindebitamento: in aiuto anche sulle trattenute del quinto dello stipendio o della pensione?“) nella parte in cui si è visto che due Tribunali, quello di Asti il 4.1.2021 e quello di Torino in data 15.12.2021 hanno disposto, nella fase di apertura di una procedura di piano del consumatore, la sospensione oltre che delle procedure esecutive anche la sospensione dei contratti di finanziamento stipulati dal debitore ricorrente. Ricordiamo a tal riguardo che la cessione del quinto dello stipendio o della pensione è una delle forme, come si è visto in un precedente approfondimento, attraverso le quali i lavoratori dipendenti o i pensionati possono chiedere un finanziamento per far fronte a delle particolari loro necessità che si possono verificare nella quotidianità. Il rimborso poi avviene per mezzo delle trattenute alla fonte sui ratei mensili dello stipendio o della pensione percepiti dal debitore ed erogati da soggetti terzi.

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LE ORIGINI DEL DUBBIO DI ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE

La questione si è posta perché il Tribunale di Livorno non aveva omologato un piano del consumatore con il quale i debitori avevano proposto che la residua somma (ancora da loro dovuta al creditore in forza di precedente ordinanza di assegnazione) venisse liquidata nei termini previsti dal piano medesimo.

Secondo l’organo giudiziario livornese, infatti, dalla lettura della norma, si avrebbe evidenza che essa fa riferimento alla (ndr sola) cessione del quinto dello stipendio (o del tfr o della pensione) su base volontaria con la conseguenza che, solo per questo tipo di pendenze, sarebbe ammessa la falcidia.

Di contro, invece, avrebbero dovuto essere esclusi dal piano di ristrutturazione i debiti che (invece) dovrebbero essere pagati in forza del provvedimento di assegnazione pronunciato dal giudice durante una procedura di esecuzione presso terzi. Anche perché, continua il Tribunale, a voler ammettere diversamente, si andrebbe ad urtare con il dettato normativo della intangibilità degli atti esecutivi già compiuti (art 187 bis disp att cpc).

La Corte Costituzionale con la sentenza 65 del 10.3.2022 ove afferma che la questione di irragionevolezza sollevata dal Tribunale di Livorno non è fondata.

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LE MOTIVAZIONI SUL PERCHÉ LA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ NON È FONDATA

Le ragioni della pronuncia costituzionale in termini di “dichiara (re ndr) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 comma 1 bis della legge 27 gennaio 2012 nr. 3 …” sono ravvisabili nel fatto che sarebbe paradossale escludere dal piano del consumatore quei debiti che non abbiano origine da un contratto di finanziamento solo perché l’art. 8 evoca espressamente la cessione volontaria.

Inoltre, prosegue la Corte, non vi sarebbe alcun contrasto con il principio di intangibilità di cui all’art. 187 disp att cpc perché l’effetto traslativo del credito che deriva dall’assegnazione giudiziale è il medesimo che discende dalla cessione volontaria del credito in luogo dell’adempimento. Conferma di questo si ha, infatti, nella circostanza che il giudice dell’esecuzione, nell’ambito del procedimento di esecuzione presso terzi avviata dal creditore nei confronti del debitore, non esercita alcun potere decisorio perché l’ordinanza si limita ad autorizzare il primo ad avvalersi (solo) della citata modalità esecutiva.

In conclusione, quindi, è proprio partendo dalla lettura dell’art. 8 comma 1 bis L 3/2012 che si evince che essa “attrae qualunque debito ivi inclusa l’ipotesi nella quale la cessione del credito sia derivata da un provvedimento giudiziale sia da un atto di autonomia privata”.

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