La liquidazione controllata è uno strumento che il legislatore (art. 268 CCII) ha previsto per permettere al debitore di poter “uscire dalla posizione debitoria” in cui si trova.
Nel precedente approfondimento abbiamo detto che questo strumento ha quale obiettivo:
- la liquidazione forzata dei beni del debitore;
- la soddisfazione dei creditori, nel rispetto della par condicio creditorum.
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Abbiamo anche sottolineato però il fatto che il legislatore auspica che il debitore, per definire i propri debiti, adotti altre procedure, ossia quelle qualificate come regolatorie (quali la ristrutturazione dei debiti del consumatore e il concordato minore) piuttosto che quella liquidatoria per l’appunto.
A fronte di tutto questo perché dunque il debitore in difficoltà dovrebbe richiedere l’avvio della liquidazione controllata?
I vantaggi possono essere due:
- l’apertura della liquidazione controllata blocca le azioni esecutive dei singoli creditori (come ad esempio pignoramenti, vendite all’asta, etc.) – non significa che i beni mobili (ad esempio l’automobile) e immobili non verranno venduti, ma questo verrà fatto dalla procedura di liquidazione, con alcuni vantaggi per il debitore, come ad esempio vedersi tutelato un reddito minimo per la propria famiglia, oppure non dover gestire i creditori stessi;
- passati tre anni dall’apertura della liquidazione, il debitore potrà chiedere l’esdebitazione: ovvero la cancellazione di tutti i debiti non pagati. Si tratta chiaramente del vantaggio principale, e chi avvia una procedura di liquidazione del patrimonio ha lo scopo di ottenere l’esdebitazione.
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Il debitore che comunque sceglie di adottare questo strumento deve sapere che avrà delle conseguenze “pratiche” sulla sua esistenza.
Basti pensare al fatto che egli:
- viene spossessato dei propri beni mobili e immobili;
- ha una gestione per cd “contingentata” dei propri redditi.
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Ovvero, il debitore per il periodo in cui la liquidazione è aperta può disporre personalmente e in maniera autonoma di solo quella somma che il Tribunale ha stabilito nella sentenza e che ha valutato necessaria e sufficiente per il sostentamento della sua famiglia.
Questo vuol dire ulteriormente che ogni somma ulteriore sono messi al servizio dei creditori.
Ecco quindi che a seguito dell’apertura della liquidazione controllata al debitore rimane:
- la quota di reddito necessaria per vivere;
- i beni strettamente personali;
- i redditi acquisiti per mantenimento (ad esempio dall’ex coniuge per i figli);
- i beni relativi all’attività economica se prosegue;
- licenze, concessioni pubbliche, (etc.).
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Attenzione però che questa procedura, diversamente da altre, non è vincolata:
- all’ottenimento del consenso dei creditori;
- il debitore non deve essere meritevole.
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Giova ricordare anche che i debitori che la chiedono devono trovarsi in una situazione di insolvenza (o anche solo di crisi) e devono essere:
- consumatori;
- imprenditori che non superino la soglia di fallibilità (ovvero che, negli ultimi tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza, non superino alcuna delle soglie previste dall’art. 2, comma 1, lett. d), relative all’attivo patrimoniale, ai ricavi e ai debiti);
- imprenditori agricoli (art. 2135 c.c.);
- start-up innovative, o comunque imprenditori che, al momento di presentazione della domanda, non siano assoggettabili a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza.