La Corte d’Appello di Catania, chiamata a pronunciarsi in merito con la sentenza nr. 317/22 del 15 febbraio ha stabilito che il proprietario di un locale che aveva installato due telecamere a custodia e vigilanza dell’ingresso della sua unità, aveva ben operato e questo a prescindere dalla circostanza che mancasse la delibera assembleare autorizzativa.
Una tale decisione trova le sue ragioni nella circostanza che l’art. 5 del codice della privacy vieta la diffusione dei dati personali.

Ne consegue quindi che «è possibile riprendere le immagini dei pianerottoli e delle scale, in quanto dette parti comuni non assolvono alla funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti e che non costituiscono reato le video riprese di un pianerottolo e l’ingresso di un garage condominiale».
Ma non solo. Non si potrebbe giungere a conclusione diversa neppure invocando l’art. 1122 ter cc in quanto questa disposizione prevede che «le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza riguardano le “parti comuni dell’edificio”». Fatto questo che non si verifica nel caso in cui l’impianto sia preordinato a videosorvegliare la proprietà del singolo condòmino e le telecamere siano istallate per uso esclusivamente personale.
Emerge quindi che per contestare l’installazione dell’impianto sia, inter alia, rilevante provare che le riprese siano utilizzate per scopi diversi dalla protezione e sicurezza dei locali.