Quando si parla di condominio si fa riferimento ad un edificio composto da unità immobiliari di proprietà esclusiva che ha, al contempo, delle parti comuni che sono strutturalmente e funzionalmente connesse alle prime.
Per questo motivo, il condominio è definito come una comunione forzosa alla quale il legislatore ha dedicato una disciplina ad hoc (dagli articoli che vanno dal 1117 al 1138 cc) e, solo per quanto non ivi regolamentato, ha fatto richiamo, in forza dell’art. 1139 cc, alla disciplina della comunione in generale (la cui disciplina si rinviene negli articoli compresi tra il 1110 e il 1116 cc).
Oggi l’attenzione viene posta sulle cd “parti comuni” e in particolare sull’uso che i condomini possono fare delle stesse.
Prima di procedere è necessario ribadire che l’articolo del codice civile che fornisce un elenco, seppur non esaustivo, di parti comuni, è il 1117 senza che nello stesso, tuttavia, se ne rinvenga una definizione. In particolare, questo riconduce nella categoria “beni indivisi” sia quelle parti dell’edificio che costituiscono elementi strutturali dello stesso, sia le aree o i locali finalizzati allo svolgimento di servizi in comune sia, infine, quei beni di cui viene fatto un uso è comune.
Nella prima sottocategoria rientrano, ad esempio, il suolo, le fondamenta, il tetto lastrico solare, i muri maestri; nella seconda il parcheggio, la portineria e la lavanderia. Nella terza l’impianto di riscaldamento, quello idraulico e fognario nonché l’ascensore.
Individuate le parti comuni è interessante porsi un’altra domanda:
di queste il condomino può farne un uso “a suo piacimento” oppure può farlo ma in modo “limitato”?
Ebbene sul punto interviene l’art. 1102 cc che stabilisce:
“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.”
Rispetto a questa tematica, è utile chiedersi se in caso di disabilità di un condomino, il condominio ha l’obbligo di intervenire sulle parti comuni.

Sul punto ha risposto il Tribunale di Brescia con sentenza del 13 maggio 2020.
“In particolare, l’organo giudicante ha ritenuto che andasse accolta la richiesta di una condomina di eseguire a proprie spese delle opere edili sulle parti comuni al fine di permetterle – in ragione della propria disabilità – un miglior utilizzo delle stesse proprio perché detto intervento andava qualificato non come innovazione, ma come modificazione.”
Per maggiori approfondimenti vi invito a leggere gli altri approfondimenti pubblicati.
Se poi avete intenzione di comprare casa e questa è ubicata all’interno di un condominio vi invito a leggere il libro “Il sussidiario immobiliare”: un libro che ho voluto scrivere insieme a Damiano Gallo proprio per permettere di avere “a portata di mano” risposte semplici e dirette a quelli che possono essere i dubbi che un acquirente non “addetto ai lavori” può avere nel momento in cui compie questo investimento immobiliare.